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ATERNO OPPIDUM

ATERNO OPPIDUM

Tratto da Storia dei Frentani di Domenico Romanelli

§. 19.

ATERNVM OPPIDVM.

La città di Aterno occupava un posto assai distinto tra le città de' Frentani. Ne troviamo memoria fin da' tempi delle guerre puniche, allorché si die al partito di Annibale, onde dovè poi soffrire terribile assedio, e saccheggio dall'esercito romano comandato dal pretore Sempronio Tuditano nell' anno di Roma 539, essendo consoli Q. Fabio Massimo, e T. Sempronio Gracco. Attestò Livio (1) , che vi furono presi più di settemila uomini, e buona quantità di monete di rame, e di argento : Ab altero praetore Sempronio Tuditano oppidum Aternum expugnatum, amplius septem millia hominum capta, et aeris, argentique signati aliquantum. Troviamo ancora memoria di questa citta presso Strabone, e Tolommeo. Diceva il primo : Ad ipsum mare est Aternum Piceno conterminum, quo nomine et fluvius est, Vestìnos, Marrucinosque disterminans (2). Vorrebbe il Pollidoro, che questa città fosse anche appellata dallo stesso geografo col nome di Leastrum, perché dando egli la confinazione del Piceno attestò: Longitudo ab Aesi fluvio navigabili usque ad Leastrum stadiorum DCCC. E quantunque avesse letto nel Casaubono, ed in Cluverio, che nel testo greco abbiasi Καςρον, cioè Castrum (3) , secondo la sua vera lezione, e non Leastrum, come leggesi erroneamente nelle antiche versioni Straboniane, e che per esso si debba intendere Castrum Novum nel Piceno sopra di Atri, pure facendo caso della distanza di 800 stadj, ossia di 100 miglia, tra il fiume Esi, e Leastro, che combina ad Aterno, rifiutò il Casaubono, ed il Cluverio, e credette Leastro nel sito di Aterno (4). I nostri scrittori avrebbero mollo meglio trattata la nostra topografia, se avessero conosciuta la differenza del miglio antico col moderno. Se noi dalle 100 miglia Straboniane toglieremo la quinta parte, come tante volte abbiam dimostrato, avremo dall'Esi a Leastro miglia italiane 80, che combinano esattamente alle ruine di Castrum Novum, oggi presso Giulia Nuova in provincia di Teramo; onde si vede chiaro, che debbasi leggere Castrum , e non Leastrum,
Nelle tavole itinerarie questa città si appella Aternum, ovvero ad ostia Aterni, avendosi riguardo al fiume, donde alla stessa città venne il nome di Ostia. Così presso Mela (5): Frentani tenent Aterni ostia, e presso Vibio (6) : Aternus Hadriae ( parla del fiume ) decurrens per Marsos ( errore di Vibio, perché l'Aterno non toccava i Marsi ) ubi et Ostia civitas.
Della colonia romana dedotta in Aterno si fa menzione ne' frammenti di Balbo, e di altri scrittori agrarj raccolti dal Goesio : Aternensis ager lege Augustea est assignaatus : rivorum, et viarum cursus servatur. Non per altra ragione si assegnavano i campi, se non perché si ripartivano a' coloni, che vi erano spediti. Aterno tuttavia non durò lungo tempo in questo stato. Dalle lapidi qui trovate, e riferite dal Pollidoro, veniam a giorno, che fosse passata alla qualità di municipio. La seguente fu scavata nelle sue mura :

M. VETTIO M. F. PAL. PIO
EQVO PVBLICO PRAEPECTO
COHORTIS VI THRACVM MVNICIPI
DECVRIONES OB MERITA D. P. P.

Presso la riva del fiume, che un dì attraversava questa città, si trovò la seguente tavola di bronzo, da cui risappiamo, che in quel sito si alzava un tempio a Giove Aterno dedicato, a cui i soldati Valeriensi sciolsero il voto, coll'ergere una statua :

I O V I A T E R N O
L. VETVRIVS PRAEF. TVRMAE
SPECVLAT. VALERIEN. SIG. F.
EX VOTO (a)

(a) Si conservava questa tavola di bronzo in casa de' Rosati in Lanciano, come attesta il Pollidoro nella dissertazione col titolo: Brutii a calunnia de illatis I : Christo tormentis vindisati, che si trova in fine dell' opera del Barrio De Situ Calabriae cum Notis Aceti. Romae ec. In questa dissertazione si legge il più erudito schiarimento di quesla preziosa iscrizione, che nou ha bisogno di seconde cure.

La città di Aterno era nobilitata da molte vie consolari, e militari, che da ogni lato l'attraversavano. Di queste la pia nobile appellavasi Claudia-Valeria, perché costrutta dall' imp. Claudio da Cerfennia ne' Marsi sino ad Aterno. Noi ne parleremo nella terza diatriba in fine di questo volume. Per questa via in vicinanza della citta si trovarono infiniti sepolcri con eleganti iscrizioni, di cui qui ne riporteremo alcune, che ci furon conservate dal lodato Pollidoro:

D. M.
QVARTILLAE CONIVGI DVLCISSIMAE
ET INDVLGENTISSIMAE CVM QVA
VIXIT ANN. XLVII S1NE QVERELA
M. VITRANIVS Q. F. BVLBO
B. M.
H. M. H. N. S.

*

D. M.
L. DIDIO L. F. RVBRO
MIL. CLAS. RAVENN.
(b) SIMP. PR. NEPTVN.
VIXIT AN. XLII MIL.
AN. XIX
FABIA QVAKTILIA
B. M. F.
*

(b) Q Didio era un soldato dell'armata navale Ravennate, e Simplario della nave pretoria appellata Nettunia, o Nettuno. Il Muratori, che riporta parimente questa iscrizione class. XI. pag. 809, aggiunge una lunga nota per ipiegare il Simplaris, o Simplarius Praetoriae Neptuni, e colla scorta di Vegezio lib. II distingue il Simplare dal Duplare, il primo, che riceveva una sola simpla, che noi diciam razione, ed il duplare, che ne riceveva due per giorno.

D. M. S.
DECIMVS A PRIMA SECTATVS CASTRA IVVENTA
(c) CIRCITOR MORIOR PHAEMIA PARCA SENEX
QVI NVLLI CRAVIS EXTITERAM DVM VITA MANEBAT
HOC TVMVLO AETERNVM SIT MIHI TERRA LEVIS
DAT PATRVO OB MERITVM FERALEM FLAVIVS HVMVM
NINNIVS ET CINEREM SPARGIT ODORE GEMENS

(c) In questo epigramma si vedeva sul principio scolpita l'ascia, di cui scrissero tanti celebri uomini, e specialmente il Muratori, ed il Mazzocchi. In quest'epigramma si lamenta Decimo o nome, o numero, che avendo seguito le armi dalla prima gioventù, muoja già vecchio, col titolo di Circitore. Quale sia slato l'officio del circitore in milizia si ha da Vegezio nel lib. III. cap. 8., dal quale risappiamo, che doveva visitar le vigìlie, e vedere, se adempivano al loro dovere nella stazione.

Veniam ora al sito di Aterno, e poi parleremo del suo celebre porto. Non v'ha alcun dubbio, che questa città fosse situata di qua, e di là dal fiume Aterno in quella medesima pianta, dove oggi giace la fortezza di Pescara. Le ruine, e gli avanzi di antiche fabbricazioni sono patenti dall'una, e dall'altra parte. Riporta il Pollidoro, che nel sito oggi detto rampigno di là dal fiume verso settentrione si fosse scoverto uno speco sotterraneo, in cui si trovarono tanti ordini di sepolcri con ossa umane, e coverti di lastre di marmo, sulle quali si lesserò ignoti caratteri. Poco distante da questo sepolcreto si trovarono parimente le vestigia di un tempio. Era di forma rotonda abbellito di pietre quadrate. La sua porta guardava 1'oriente, cui ascendevasi per varj larghi gradini. Sono osservabili ancora i ruderi dell'antico ponte, che congiungeva l'una, e l'altra parte di Aterno, sotto di cui passava il fiume, che siccome anche oggi, segue 1' antico letto. L'attuale città di Pescara ne occupa al presente la parte destra. Questo novello nome, che ottenne Aterno insiem col fiume si crede introdotto a' tempi de' Longobardi. Si trova così nominato da Paolo Diacono, che visse nell'ottavo secolo cristiano. Nelle porte di bronzo della chiesa di S. Clemente, quantunque in epoca posteriore, si leggeva : Insula Piscarìae, quae nostri juris habetur. Taluni derivarono questo nome a copiosa piscatione piscium, o dal vettigale, che il Fisco ritraeva dalla pesca, che non solo facevasi in Aterno, quanto ne' vicini marittimi luoghi.
Può vantarsi la citta di Aterno di essere stata distinta fin dai primi secoli cristiani colla sede vescovile. L'ultimo di lei vescovo per nome Getteo soffrì da' perfidi Longobardi il più crudele martirio. Ne parlarono i Bollandisti (7), ma con poco criterio.
Eccoci ora al suo porto. Era formato dal fiume, prima di scaricarsi in poca distanza dal mare. Il canale, che se ne formava, era di tanta profondità, che poteva ricevere i navigli, come ancora al presente. Il famoso Muzio Sforza degli Attendoli lo rese più celebre, perché volendo correre alla difesa di Aquila nel 1424, nel passarlo a cavallo vi restò sommerso.
Da una lapida sepolcrale trovala nel sito detto rampigno di là dal fiume si riseppe, che il nocchiero L. Cassio Ermodoro del collegio di Serapide in Salona, capitale una volta dell'Illirico, morto per mare fosse stato trasportato nel porto di Aterno, dove la sua moglie Ulpia Candida gli eresse monumento. È riportata dal Camarra, dallo Spon, e dal p, Allegranza (8) , che attesta di averla copiata nel ridetto sito :

L. CASSIO HERMO
DORO NAVCLERO
QVI ERAT IN COLLEG.
SERAPIS SALON. PER
FRETA PER MARIA TRA
IECTVS SAEPE PER VND.
QVI NON DEBVERAT
OBITVS REMANERE IN
ATERN. SI MECVM
CONIVX VIVERE
NOLVERAS AD STYG.
PERPETVA VEL RATE
. . . . . . . . .
FVNERA VTINAM
TECUM COMITATA
FVISSEM VLPIA CANDI
DA DOMVS SALON. COL.
. . . . . . . . . . . M. P.

Questa iscrizione è una delle pruove del commercio marittimo de' nostri Frentani coll'Illirico, coll'Epiro, coll'Acaja, e con altre parti dell' antica Grecia.
Nello stesso sito affiso ad un muro si osservava in bassorilievo una barca senza remi, e senza vela, ma con lungo rostro, e timone, da cui si deduce chiaramente, che Aterno fosse stato antico porto de' Frentani, e dalla seguente iscrizione, che sotto vi si vedeva scolpita, si argomenta, che fosse decorato del collegio d'Iside qui forse istituito dagli Egiziani. Il p. Allegranza ne riporta il disegno :

ATERN. QVI FVTT IN COLL. ISID.

Questo porto fu in seguito restaurato dall'imp. Tiberio, come si legge in altra iscrizione qui scavata nel 1736, e riferita dal Pollidoro, e dal Muratori (9):

IMP. TTBERIVS CAESAR
DIVI AVG. F. AVGVSTVS
PONTIFEX MAXlMVS
TRIB. POTEST. XXX
RESTlTVIT



§. 20.

A T E P. N V S A M N I S.

Fiume terminatore de' Frentani, e secondo Strabone de' Vestini, e de' Marrucini, ma verso i monti : Ad ipsum mare est Aternum Piceno conterminum, quo nomine et fluvius est, Vestinos, Marrucinosque disterminans. La sua foce apparteneva certamente a' Frentani. Rammentiamoci del passo di Mela : Frentani tenent Aterni fluminis ostia, e del passo di Plinio : In ora Frentanorum Aternus amnis.
Il marchese di Cepagatti (19) parlando del nominalo fiume nella centuria de' sonetti in lode di Chieti sua patria, cosi lo descrisse :

« L' Aterno, che ora diciam Pescara, è, secondo 1'Alberti, il fiume più freddo d'Italia. Ha la sua origine in una montagna di un villaggio ora chiamato la Meta nell'Abruzzo ultra, da cui in piccolissimo spazio nascono ancora due altri considerabili fiumi , il Velino, che col Turano forma la Nera, ed il Tronto, che divide» la Marca di Ancona dal regno. La profonda ampiezza del fiume Pescata il farebbe navigabile, come infatti lo era in tempo del re Roberto, che fece privilegio a' Chietini di non pagare dazio agli Aternini, che abitavano nella foce, dove ora è la fortezza di Pescara fattavi piantare da Carlo V, per le robe, che per lo fiume portavansi. La poca nostra industria fa ora credere al volgo, che le sue tortuosità impediscano la navigazione, quasiché non fossero necessarie per isfuggire l'empito della corrente.
L'etimologia del nome non v'è autore, che ce l'additi : né 1'essere stata vicina alle sue sponde 1'antica Amiterno può averla partorita, perché ognun sa, che i fiumi sono più antichi delle città. Si potrebbe dire, che fosse detto a ternis rivis, ma ci resta la difficoltà, se nell' antica Sabina, dov'è la sua prima fonte, si parlasse prima de' Romani il latino, per istiracchiarci l'interpetrazione, ond'è meglio confessare l'ignoranza. Né, come credono alcuni, il nome di Pescara, che ora ritiene, gli venne dal pescarsi che vi fu fatto del corpo del valoroso Sforza, perché ben cinque secoli avanti si trova così chiamato nell'iscrizione della chiesa del monastero di S. Clemente detto anche Casauriense riportata dall'Ughelli nella sua Italia sacra al tomo VI, dove il vescovo di Penne Gribaldo con questi versi cedendo il .dominio del luogo all'imp. Lodovico Pio, chiama il fiume Pescara :

Insula Piscariae, quae nostri juris habetur
Libera perpetuo tua Caesar jure vocetur. »

Fin qui il marchese di Cepagatti, alla cui descrizione crediamo di aggiungere per maggiore dilucidazione, che l'Aterno ha propriamente le sue origini nel territorio di Arenga nel luogo detto Peschiera, e correndo acquista altre acque da' ruscelli di Buon-morelli, di Santi Martiri, di fonte Ciarelli, di colle Sparo, e di Riona. Avvicinalo ad Aquila il suo volume è bastantemente grande. Altri fiumicelli riceve da Civita Tommasa, ed altri più copiosi dall'opposto lato per Assergio. Formando per via varie isolette si riunisce in un sol volume presso Stiffe, e bagnando nel corso Fagnano, Goriano, Acciano, e Pentima sulle ruine della celebre Corfinio, scende a Popoli, dove perde l'antico glorioso suo nome di Aterno per assumere il nome barbaro di Pescara. Ricchissimo d'acqua corre veloce nella gran pianura Marrucina sotto S. Valentino, e serpeggiando per l'estensione di 12 miglia, in cui riceve altre acque dall'uno, e dall' altro lato, e specialmente le bituminose, e solfuree del fiume Orta sotto S. Valentino, e quelle della Nora da Rosciano, si perde nel mare toccando il lato destro della fortezza di Pescara, che la rende inaccessibile a' nemici, allorché si taglia il ponte di legno, che vi è stato costrutto.
Tra i varj ponti, che avea questo fiume, il più memorabile fu quello, ch'era distante da Corfinio circa tre miglia, e di cui parlò Cesare ne' suoi commentarj (11). Questo ponte si voleva rompere da Domizio, e per tale effetto vi mandò da Corfinio cinque coorti, ma furon esse discacciate da Cesare: Cohortes V praemissae a Domitio ponlem fluminis (Aterni) interrumpebant . . . . . . celeriter Domitiani a ponte repulsi se in oppidum recepemnt. Lucano gli fa dire (12) :
Ite simul pedites, ruiturum ascendite pontem.
Ne fece ancora menzione Strabone (13): Aternus amnis ex Amiternino agro defluit, trajiciturque ponte, qui stadia XXIV a Corfinio abest, che corrispondono alla distanza di tre miglia. Oggi se ne scorgono gli avanzi presso il convento detto de' Domenicani a Popoli. Un altro celebre ponte alquanto più sotto univa la terra-ferma coll'isoletta della Pescara, cosi detta, perché uno spazio di terra veniva intorno intorno circondalo dal medesimo fiume, dove dall'imp. Lodovico Pio si eresse nell'anno 871 il monastero di S. Clemente di Casauria, o Casa aurea, di cui Giovanni monaco (14) scrisse la cronica. Il nominato ponte fu riputalo per la struttura, e per i materiali appartenere al tempo de' Romani. Di questo non rimaneva altro nel principio del passato secolo, che le ruine, e molti avanzi di pietre quadrate. Attesta il Pollidoro, che furono impiegali nel ristoro della fortezza di Pesrara, allorché soffrì l'assedio di Carlo VI arciduca d'Austria contro Filippo V.
Si ha dalle romane istorie, che nella seconda guerra punica questo fiume corresse tinto di sangue. Cicerone riporta (15): Senatui nunciatum est Atratum flumen sanguino fluxisse, nelle quali parole avverte bene il Cluverio (16), che sebbene in molli esemplari leggasi Atratum, in altri si abbia Aternum, e vuole, che cosi si debha assolutamente leggere pe' riscontri, che adduce di Livio, e di Obsequente. Quest'ultimo (17) racconta: in Piceno Aternum flumen sanguine effluxit, e Livio (18) : alia ludibria oculorum, et aurium credita pro veris, navium longarum species in flumine Terracinae, quae nullae erant, visae, et in Iovis Vicilini templo, quod in Cossano agro est, arma concrepuisse, et flumen Amiterni cruentum fluxisse. Questo preteso prodigio è facile a spiegare dalle particelle solfuree, e bituminose , che galleggiano sopra le acque di questo fiume, e ne cangiano il natural colore.
Nelle tavole itinerarie, invece di Aternus, troviamo appellato questo fiume Ostia Aterni, come in quella di Antonino via Flaminia, nella Peutingeriana, ed anche presso Pomponio Mela, ed in un marmo, che riporteremo nella storia di Cerfennia ne' Marsi, onde alla città venne il nome di Ostia. Il Cluverio poco fa citato ne die' una spiegazione troppo vaga, cioè, che ad imitazione della città di Ostia presso il Tevere, o ad Ostia Tiberina, si fosse detto Ostia Aterni, quantunque avesse una sola bocca. Ma se aveva una sola bocca, come mai appellavasi Ostia ? Se al Tevere si dava questo nome in plurale, ben gli conveniva, perché con due corsi entrava nel mare, e lasciava nel mezzo la celebrata isoletta Tiberina, o l'isola sacra, col tempio di Esculapio. Io son di parere, che il nostro fiume non già con una, come credette il Cluverio, ma a somiglianza del Tevere, con due diverse bocche si gettasse nel mare. Ne appariscono i segni chiari, e patenti dal lato di Castellamare, e di S. Silvesiro, nella curvità del terreno, che rappresentano i due antichi letti del fiume, nelle pietre arrotondite, e fluviatili, e nell'arena, che vi si trova, a pochi palmi sono la superficie. Dopoché dunque l'Aterno attraversava la città, e la divideva in due parti, prendendo due declivj, si partiva in due rami, e con questi entrava nel mare, lasciando nel mezzo una piccola isoletta. Per questa ragione negl'itinerarj, e ne' marmi, a somiglianza del Tevere, che parimente con due bocche penetrava nel mare, e lasciava nel mezzo la celebre isola sacra, il nostro Aterno dicevasi Ostia Aterni, come all'altro si dava il nome di Ostia Tiberina. Questo nome dì Ostia però non solo indicava le due bocche del Tevere, ma ancora una città, che guardava la sua foce fondata da Anco Marzio col nome di Ostia, come si legge negli storici romani. Si è da taluni creduto, che anche alla città di Aterno si desse il nome di Ostia, giacché avea detto Vibio : Aternus decurrens per Marsos, ubi et Ostia civitas. Così credette ancora il Cluverio : ma vi ha molta apparenza di sospettare, che quest'Ostia di Vibio, sia stata o un villaggio, o una città, o un oppido, che doveva alzarsi dopo di Aterno nel mezzo dell' isoletta formata dal fiume. Il Pollidoro altre volte citato lo credette certamente, perché nel luogo riferito osservò gli avanzi di rovinata città, ma invece di pensare ad una città col nome di Ostia, vi riconobbe l'erroneo Leastrum di Strabone, secondo la falsa antica traduzione : oppidum fuit ( Leastrum ) propinquum Aterno (egli dice) qnod prorsus intercidit. Conjecturae favent veterum aedificiorum ruinae, quae intra milliarium cum dimidio ab Aterno hodieque patenl non procul a littore. Il gran commercio, che allora facevasi per questo fimne, o porto Aternense, e l'immenso concorso delle nazioni, che vi confluiva, poteva dar l'origine ad una citta, che guardava così vicino il porto, invece di risedere ad Aterno, che ne restava alquanta lontana. Ecco la ragione, perché chiamavasi Ostia, come 1'altra vicino al Tevere, e perché Vibio 1'indicò col nome di città presso il fiume. Tra le altre antichità trovate nel detto sito lo stesso Pollidoro descrisse una figulina, nella quale si trovarono molti vasi di creta con lavori non ineleganti, de' grossi mattoni, di cui ne restavano i frammenti, e moltissime lucerne, nelle quali era scolpito un albero di pino coll'iscrizione PINARIA, cioè col nome della fabbrica preso dal pino, di cui ancor oggi presso lo stesso luogo ve n'ha una selva.
Plino si servì delle bocche di queslo fiume per tirare una linea sino alla bocca del Tevere, onde descrivere la media larghezza d'Italia, che segnò di 136 miglia media latitudo Italiae ab ostio Aterni amnis in Adriaticum mare inftuentis ad Tiberina ostia mill. CXXXVI (19).
Si rese famoso questo fiume per la morte del celebre capitano Giacomo Muzio degli Attendoli sopranominalo Sforza. Egli militava per la regina Giovanna II, e da Ortona volendo correre al soccorso di Aquila assediala da Braccio in favore del re Alfonso, dovette per necessità passare il fiume Pescara. Vi arrivò col suo esercito a' 4 gennajo nel 1423, ma lo trovò ben guardato dai balestrieri di Braccio. Solamente la foce del fiume restava aperta, ma niun soldato avea coraggio di valicarlo per la gran furia delle acque, e per il rigurgito del mare. Sforza per animar tutti passò il primo, ma mancando il fondo a' piedi di dietro del suo cavallo, egli cadde, e più non si vide. Tutto il funesto caso fu descritto minutamenie dal Campana, dal Carafa, dal Collenuccio, e dal Cirillo negli Annali di Aquila.
Al lato orientale del medesimo fiume dappresso alla presente fortezza vi furono un tempo costrutte le Saline. In molte carte citate dal Pollidoro (20) del secolo X, e XI la strada, che di qua conduceva a Chieti via Salaria era appellata. Nella giunta alla cronica di Casauria riferita dal Muratori (21) si ha, che nel 975 l'imperatore Ottone risedesse in ipso plano de Piscaria, juxta viam Salariam, e Gualdo diacono della chiesa Teatina nel suo libro de miraculis S. Iustini scritto nel secolo XII ne fece anche menzione, narrando, che per quella strada si dispersero i bruchi in mare per virtù di quel santo. Si è da taluno progettato, che ristabilendosi oggi le saline, e dandosi così lo scolo alle acque stagnanti si toglierebbe quell'infezione d'aria, che spesse volte ha fatto strage tanto de' sol- dati, che dei cittadini in questa fortezza.
Le rive del fiume Aterno sono state sempre commendate per le sorgive delle acque termali, solfuree, e bituminose, che vi nascono. Sotto la città di S. Valentino, e presso il castello di Mosellaro queste Sorgive sono assai copiose, e fan sentir da lontano il loro odore. Il Biondo, e dopo di lui Mario Negro, il Volaterrano, ed altri geografi fecero menzione dell'olio petrolio, che scaturisce sotto Caramanico, che vien raccolto con più cura da' Germani, che dagl'Italiani, e lo trasportano altrove, dove vien usato per guarire molti morbi. Oggi queste sorgive sono abbandonale.



***

(1) Liv. lib. XXIV. cap. 47.
(2) Strab. lib. V.
(3) Cluver. lib. II. cap. XI.
(4) Pollid. de Atern. ms.
(5) Mel. lib. II. cap. 4.
(6) Vib. Sequest. De Fluminib.
(7) Bolland. die XIII. Iun.
(8) Allegranz. Opusc. pag. 247
(9) Murat., class, VI. pag. 443.
(10) Cepagatt. Centur. Not. pag.131.
(11) Caes. Comm. de Bello Civ. lib. 1.
(12) Lucan. Pharsal. lib, II. v. 499.
(13) Strab. lib. V.
(14) Chron. Casaur. ap. Murat. R. I. S. vol. II.
(15) Cic. De Divinat. lib. II, cap. 53.
(16) Cluver. lib. II. cap, 12.
(17) Obseq. de Prodig.
(18) Liv. lib. XXIV. cap.44.
(19) Plin. lib. III. cap.5.
(20) Pollid, de flum. Frentan. ms.
(21) Murat. R. I. S. vol. II.

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