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Tavenna dalle origini alla grande guerra - Antonio Crecchia

TAVENNA DALLE ORIGINI ALLA GRANDE GUERRA. E' l'ultimo prezioso lavoro di Antonio Crecchia, poeta e critico letterario molisano di fama nazionale, che è stato presentato in occasione dei festeggiamenti per Sant'Irene.

7 settembre 2006.-

Questa prima domenica di settembre rimarrà nel cuore e nella mente dei cittadini del piccolo centro molisano di Tavenna. E’ la festa di Sant'Irene, Vergine e Martire di origini portoghesi che i tavennesi onorano da sempre per proteggere il loro territorio dal cattivo tempo, e l’amministrazione comunale ha organizzato due giorni dedicati all’artigianato locale, con vari stand di prodotti tipici. E’ un piacere camminare nella zona comunemente denominata “I colli” e scoprire le ricchezze molisane, dalla coltelleria di Frosolone ai preziosi lavori a tombolo tipici di Tavenna, dai saporiti formaggi ai vini e liquori, dal miele alla delicata pasticceria.

E’ in questa serata che Tavenna riscopre la sua storia grazie all’accurato lavoro del Prof. Antonio Crecchia, autore del libro: Tavenna dalle origini alla grande guerra.

Il libro è stato presentato dall’autore e da rappresentanti degli enti che hanno patrocinato l’interessante iniziativa, Antonio D’Alete e Gianfranco Vitagliano per la Presidenza del Consiglio Regionale, il Presidente della Comunità Montana Trigno - MonteMauro Costantino Manes Gravina, e Nicola Jurescia per l’amministrazione comunale. Una platea numerosa e attenta ha ascoltato il suo amato concittadino, già conosciuto per la sua vasta produzione letteraria, che va dalla poesia, alla saggistica, alla critica letteraria, mentre spiegava come l’amore per la sua terra lo avesse spinto ad un lungo e certosino lavoro di ricerca storica.

Anni passati negli archivi e a casa di molti compaesani a raccogliere testimonianze e documenti, la caparbietà nel non arrendersi di fronte alle varie difficoltà a cui inevitabilmente si va incontro quando si affronta un lavoro così ampio, sono stati ricompensati dall’entusiasmo con cui l’opera è stata accolta. Dopo le attestazioni di stima e la promessa di ampliare la diffusione del libro al di fuori dei limiti tavennesi da parte degli esponenti politici, gli applausi e i complimenti degli orgogliosi concittadini hanno commosso Crecchia, da sempre fortemente legato alle sue radici.

Il Comune ha deciso di regalare una copia ad ogni famiglia con componenti ultrasessantacinquenni, ma sono già numerosi coloro che hanno prenotato per acquistare il libro, di cui riportiamo la nota introduttiva dell’autore:

“La storia, in genere, si occupa di personaggi noti e di eventi eclatanti e memorabili, lasciando in ombra i protagonisti della vita quotidiana, emarginando e disprezzando quella stragrande maggioranza di individui che in passato, i detentori del potere politico, economico, finanziario e culturale qualificavano come appartenenti alla “classe minima”, alla “classe meschina”, intendendo con queste espressioni la massa della “plebe”, del “volgo”, dei “cafoni”, ecc. e li inchiodavano, senza alcuna possibilità di riscatto, a condizioni di vita paragonabili a quelle degli animali, con la differenza che, in tanti casi, gli animali appartenevano ai padroni, e quindi rispettabili e accuditi con cura, la classe minima, non essendo proprietà di nessuno, poteva, a dispetto di ogni legge, morale, religione o umanità, vessata, sfruttata e angariata, trattata come oggetto di infimo valore. Se si dovesse quantificare il numero delle persone che, nel mondo, sono vissute ai margini della vita umana, in condizioni di estrema miseria, soffrendo ingiustizie, fatiche, stenti, vilipendio, dolori, tribolazioni, indifferenza e incomprensione, ne verrebbe fuori un numero con tante cifre da avvolgere una montagna.

Dedico questa storia a tutti coloro che, attraverso i secoli, hanno bagnato col sangue e sudore della fronte la mia terra natia, dissodando, zappando, arando, seminando, raccogliendo i frutti delle loro fatiche, dormendo per terra, nei pagliai, nelle mangiatoie, guardati dai pochi “eletti” con aria di superiorità e di commiserazione, addomesticati e resi pieghevoli, arrendevoli, sfruttabili attraverso l’uso di mezzi classisti e particolari.

***
Cominciai ad occuparmi della storia di Tavenna, per soddisfare la mia curiosità per i fatti storici, antropologici, amministrativi e memoriali negli anni Sessanta, appena diplomato. Ricordo che mi capitò tra le mani un foglio dattiloscritto, redatto dal nostro parroco don Pasquale Piccoli, del quale ero molto amico. Le notizie contenute in quel foglio erano così scarne che, pur riconoscendone l’importanza, le giudicai non soddisfacenti per il mio desiderio di conoscenza riguardante il passato storico-amministrativo della mia comunità. Mi ripromisi di dare vita, appena possibile, ad una ricerca di più ampio respiro. Entrato nell’amministrazione comunale come assessore anziano facente funzione di sindaco (che nel mio caso equivaleva alla funzione di sindaco di fatto per l’assenza continua di Guido Suriano, ingegnere capo del Comune di Campobasso, e lì residente), a partire dal 1965 cominciai a mettere mano ai polverosi documenti e registri comunali dello stato civile. Successivamente, con il permesso del parroco, passai ad esaminare quelli dell’archivio parrocchiale.

Non mancai, a quel tempo, di ascoltare dalla viva voce di alcune persone avanti negli anni, cosa avesse lasciato nella loro memoria la tradizione orale circa alcuni fatti memorabili di cui avevo avuto notizie, negli anni dell’adolescenza, dai miei nonni paterni. Ricavai una lunga serie di notizie e indizi, a cui cercai di dare una datazione e uno svolgimento logico mettendo a confronto quelle notizie con quanto andavo scoprendo consultando gli archivi comunali e parrocchiali.

Nel contempo, però, mi resi conto che una storia locale è sempre ancorata alle vicende storiche epocali; in essa si riflettono e si colgono i segni di una storia più vasta, che si consuma fuori dai ristretti confini di un borgo come di una città. Da questa visione ho tratto le motivazioni a indagare la storia delle diverse epoche per scoprire quei sottili legami che in qualche modo condizionano le vicende locali e le indirizzano verso precisi obiettivi umani, economici, sociali, amministrativi e politici. Lo sbocco finale di un fiume presuppone sempre una sorgente, uno o più affluenti. E risalire alla sorgente dei fatti storici credo sia una prerogativa a cui lo storico deve necessariamente obbedire.

Questa storia non ha certo la pretesa di essere completa ed esaustiva. È solo una raccolta di tasselli emergenti dal buio dei secoli. Molti altri elementi utili sono sepolti negli archivi storici provinciali, regionali e nazionali, ed è auspicabile che altre persone, in futuro, si dedichino al loro disseppellimento, obbedendo a quel dovere morale, gnoseologico ed educativo che lega ogni individuo al rispetto dell’intera comunità di appartenenza. Questo dovere è stato poco avvertito in passato, e non fa certo onore ad una comunità scoprirsi nel buio più tetro e impenetrabile delle proprie radici storiche. La civiltà si misura alla luce della storia, dell’arte, della letteratura, dell’educazione come momento di riflessione sul passato e come presupposto per le iniziative e le azioni future. Quando manca un legame affettivo e culturale con il magma delle proprie tradizioni; quando si vive il proprio tempo quasi unicamente in funzione del presente e del futuro; quando manca lo stimolo a interrogarsi sulle condizioni di vita, sugli usi, costumi, lingua e cultura dei propri avi, la comunità è priva di basi etologiche, cammina, senza rendersene conto, nel vuoto delle memorie avite, si chiude nella tomba del proprio tempo, senza alcuna speranza di lasciare traccia della propria esistenza alle future generazioni.

Un popolo che vive nel letargo dei secoli è da paragonare a una crisalide che vive nel bozzolo della seta. Non immagina le luci, le ombre, le gioie, i dolori, le fatiche, i sudori, le lotte, le miserie, le ruberie o gli splendori che si sono succeduti sotto il proprio cielo, sulle strade, sulle piazze, nelle campagne, sotto i tetti delle proprie case.

Poiché questa STORIA DI TAVENNA, al momento del suo primo abbozzo, che risale agli anni Ottanta, non trovò nessuno, com’era prevedibile, disposto a darle credito, finì nell’abbandono per venti anni. Nel delinearla cercai, in quell’epoca, di essere estremamente sintetico, traendo dalle mie carte solo quanto potesse essere di interesse generale, eliminan-do (quando fu possibile) note, osservazio-ni e commenti che avrebbero sì contribuito ad una migliore comprensione di alcuni fenomeni storico-sociali, ma avrebbero appesantito il testo col rischio di renderlo di difficile lettura a quanti, in futuro, avessero avuto tempo e voglia di prenderne visione. Oggi, alla luce degli stimoli che mi sono venuti dal sindaco di Tavenna Fulvio Dei Risi, dagli Amministratori e da alcuni privati cittadini, ma anche per la consapevolezza del mutato clima dei tempi, forse più maturi per accogliere una trattazione storica, e perché no? culturale, ho pensato bene di allargare il mio orizzonte di ricerche, di approfondire alcuni temi e dare spazio ad altri argomenti che, in ogni modo, appartengono alla memoria storica di Tavenna, come i proverbi, i canti, il patrimonio linguistico e piccole curiosità in cui si può ravvisare aspetti del passato che hanno ancora qualche risonanza nel presente. Però, al fine di limitare il numero delle pagine e conseguentemente il costo della pubblicazione, con mio rincrescimento, sono stato costretto a togliere dal libro queste ultime parti. Spero di poterle rendere di pubblico dominio in un prossimo futuro. Storia in fieri e parziale, dunque. Tuttavia, l’avere avuto il coraggio di iniziarla e di portarla a termine, con tutte le difficoltà a cui consapevolmente si va incontro quando si sa, già in partenza, che pochi sono i punti di riferimento, che la ricerca dei documenti è impresa ardua e difficile, quanto la loro si-stemazione e interpretazione, è già di per sé un risultato di indubbio valore.

Mi rimane comunque la grande soddisfazione di avere percorso un cammino, attraverso i secoli, che ha arricchito la mia sensibilità di ricercatore al punto che posso affermare con orgoglio che solo ricreando la storia la si può conoscere e dominare completamente (verum et factum convertuntur, affermava il filosofo Giambattista Vico); che esperienze del genere lasciano nell’animo di chi le ha realizzate un segno indelebile di grande umanità, di profonda capacità di comprensione degli eventi, dei fenomeni o delle persone di cui ha avuto la ventura di occuparsi. Ma se così non fosse, l’operare dello storico si ridurrebbe ad un’arida rassegna di date, episodi, personaggi più o meno importanti che, sebbene costituiscano l’ossatura di ogni vera ed autentica Storia, diventano di secondaria importanza se non riescono a migliorare l’uomo, sia esso lo storico o il lettore”.

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