Il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise fu istituito nel 1921. È compreso per la maggior parte (3/4 circa) nella provincia dell'Aquila in Abruzzo e per il rimanente in quella di Frosinone nel Lazio ed in quella di Isernia nel Molise. La direzione del parco è a Pescasseroli (AQ).
Il Parco nazionale d'Abruzzo (con la legge n. 93 del 23 marzo 2001 Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, denominazione che non implica trasformazioni amministrative) insieme al Parco Nazionale del Gran Paradiso è il più antico parco d'Italia noto a livello nazionale per il ruolo avuto nella conservazione di alcune tra le specie faunistiche italiane più importanti, lupo, camoscio d'Abruzzo ed orso bruno marsicano , nonché per le prime e numerose iniziative per la modernizzazione e la diffusione localizzata dell'ambientalismo. È ricoperto da boschi di faggio per circa due terzi della sua superficie. Si estende prevalentemente in territorio montano e pastorale, dove non è praticabile la coltura della vite e dell'olivo, sconfinando nel piano delle colture nelle valli del Giovenco e in Val di Comino.
Il Parco nazionale d'Abruzzo fu istituito nel 1923, con RDL 257 11/01/1923 (L'Ente Parco nel 1921). Al territorio attuale si giunse dopo successive integrazioni. La gestione è dell'Ente Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise con sede attuale a Pescasseroli (AQ). Interessa 25 comuni distribuiti nelle province di Frosinone, Isernia e L'Aquila. Nel 1980 ha avuto inizio la zonizzazione del parco, cioè la sua suddivisione in zone a diversa protezione ambientale per poter conciliare le opposte esigenze della protezione della natura e degli sviluppi urbanistici delle popolazioni locali.
Le origini
Ursus arctos L. ssp. marsicanus
Il forte isolamento in cui il territorio dell'Alto Sangro giaceva da secoli aveva permesso la conservazione di una rilevante quantità di specie animali e vegetali degni di conservazione; non tutto era stato trasformato in pascolo. Alle timide iniziative locali di istituire una riserva di caccia sul modello delle prime aree protette del Piemonte venne incontro la famiglia Sipari, ricchi proprietari di Pescasseroli imparentati col filosofo Benedetto Croce[1]. Si adoperarono per la realizzazione nel territorio dei comuni di Opi, Pescasseroli, Villavallelonga, Collelongo, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Balsorano e Castellafiume della Reale Riserva di Caccia di Vittorio Emanuele II, istituita nel 1872. La tutela faunistica risulterà superficiale e saltuaria e la riserva (soppressa dal 1878 al 1907) venne definitivamente sciolta nel 1912 da Vittorio Emanuele III; contemporaneamente Erminio Sipari iniziò a dar voce alla prima iniziativa in Italia di istituzione di un Parco Nazionale sul modello dello Yellowstone statunitense.
Il primo parco d'Italia.
Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise
Con Erminio Sipari, i primi ad accogliere la proposta della realizzazione di un Parco Nazionale in Italia furono il botanico Romualdo Pirotta e l'associazione bolognese "Pro Montibus et Sylvis". Lo studioso e l'associazione notavano la concentrazione di specie appenniniche e la varietà di habitat di interesse nazionale nella Marsica: avanzarono la prima proposta del 1914 di un grande parco esteso dall'alveo del Fucino a Castel di Sangro, dal fiume Liri alle pendici della Majella. I costi eccessivi della realizzazione e del mantenimento fecero fallire l'iniziativa, alla quale però seguì un secondo più intenso coinvolgimento di associazioni e intellettuali. Il 25 novembre del 1921, un anno prima dell'istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso, Erminio Sipari fondò con la Pro Montibus e fu presidente dell'Ente Autonomo del Parco Nazionale d'Abruzzo che gestiva un piccolo fazzoletto di terra del comune di Opi nella zona della Camosciara.
Istituzione legislativa e primi ampliamenti
Nel 1923 l'Amministrazione del Parco è ufficialmente istituita, i confini si estendono anche ad altri comuni che solo in un secondo momento concessero il loro territorio alla protezione dell'Ente Autonomo costituendo così le vere fondamenta del parco attuale;
ricadono nei primi confini parte del territorio di Opi, Pescasseroli, Villavallelonga, Collelongo, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Campoli Appennino, Alvito, Barrea, Settefrati, Bisegna.
nel 1925-26 espansione ai Monti della Meta in provincia di Frosinone e in parte del territorio di Pizzone e della valle del Sangro.
Nel 1926 è istituito il museo e lo zoo del parco a Pescasseroli, i primi rifugi e la sentieristica organizzata.
Fra i primi obbiettivi politici del parco si nota la tendenza a favorire presenze turistiche e soggiorni sportivi per convertire l'economia montana pastorale in un sistema compatibile con la tutela dell'ambiente.
Nel 1933 il regime fascista sopprime l'Ente Autonomo, probabilmente per i suoi legami con l'associazionismo cattolico e per rafforzare la presenza nei parchi italiani della Milizia Forestale, che ottenne la gestione anche del Parco Nazionale del Gran Paradiso e dei nuovi parchi del Circeo e dello Stelvio.
Il dopoguerra e l'amministrazione Saltarelli
Nel 1951 il governo democristiano dell'epoca firma la ricostruzione dell'Ente autonomo. La nuova direzione recupera gli obbiettivi del vecchio Ente, e insieme alle numerose assunzioni di personale di sorveglianza, ricerche scientifiche e estensione dei divieti di caccia, promuove le prime moderne infrastrutture per la ricezione del turismo, mobilitandosi senza successo nella realizzazione di strade e alberghi in zone di grande pregio con uno spirito oggi più che mai biasimato. Sulla politica edilizia si innestano verso la fine degli anni '50 le grandi speculazioni alberghiere e gli interventi per la realizzazione di impianti di risalita e di piste da sci in ogni comune del Parco: l'amministrazione di Francesco Saltarelli che tenta di opporsi all'ondata d'abusivismo viene liquidata; sono gli anni della grande espansione urbanistica di Pescasseroli e dell'aggressione indiscriminata del cemento secondo un disegno speculativo che voleva la realizzazione di un grande comprensorio turistico-alberghiero da Roccaraso ai comuni della Val di Comino. Un lungo periodo di commissariamento e di difficili battaglie per la tutela (nel 1967 il parco ottiene il diploma Europeo per la conservazione della natura) termina nel 1969 quando Franco Tassi diventa il nuovo direttore.
L'amministrazione Tassi
Il vivace centro storico di Civitella Alfedena, ristrutturato e funzionale.
Nel 1969 Franco Tassi viene nominato direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.
L'amministrazione inizia il suo mandato mostrandosi da subito decisamente contraria all'ondata di lottizzazioni che si ripresentava continuamente nei comuni più importanti. Nel 1970 è istituita la Zona di Protezione Esterna, che ricalca in buona parte i confini del primo grande parco proposto dal Sipari e dalla Pro Montibus et Sylvis. Nel 1976 il terzo grande ampliamento del Parco al massiccio del Monte Marsicano, scongiura la realizzazione di un grande sistema di piste da sci tra Pescasseroli e Bisegna sul modello della vicina Roccaraso.
Sono gli anni del grande successo del parco, il ripensamento dei precedenti disegni di sviluppo si concretizza nell'accoglienza selettiva del turismo ecologista e ambientalista, in contrasto con gli afflussi di massa. Per la prima volta in Italia fu lanciato quel nuovo modello economico ambientale che trova il suo riferimento nello sviluppo economico di Civitella Alfedena. Il 10 Gennaio 1990 con il decreto del presidente della Repubblica Cossiga i comuni di Pizzone, Castel San Vincenzo, Rocchetta a Volturno, Filignano e Scapoli cedono parte della loro territorio ai vincoli della riserva per un totale di 4000 ha: nasce il settore Mainarde, con il quarto grande ampliamento. L'entusiasmo per una serie di grandi successi aumenta la popolarità nazionale ed internazionale della riserva, fino a diventare un riferimento per l'ambientalismo italiano e il focolaio attorno al quale sorgono i nuovi grandi progetti protezionistici che interessano non solo l'Abruzzo e le regioni vicine, ma tramite il WWF tutto il territorio nazionale. Tra il 1990 e il 1999 il parco collabora all'istituzione del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e del Parco Nazionale della Majella, nonché alla realizzazione di un capillare sistema di riserve regionali minori che fanno dell'Abruzzo la regione italiana la più alta percentuale di territorio protetto. Attorno all'amministrazione e al personale del parco si riuniscono una serie di associazioni ambientaliste e in Abruzzo vengono iniziate le prime importanti ricerche scientifiche in grado di mettere in luce l'importanza del sistema ecologico abruzzese e della sua protezione, modello per quanto avviene più recentemente nelle altre regioni italiane. Al 1999 risale l'ultimo grande ampliamento del parco, nei comuni di Ortona dei Marsi e Bisegna nella Valle del Giovenco.
La crisi finanziaria e "l'affaire Tassi"
Il logo del WWF.
I grandi risultati ottenuti però non tengono conto dell'amministrazione economica. In realtà una serie di vicende che nel 2002 hanno messo fine alla così detta "era Tassi" non sono state ancora del tutto chiarite[2]. L'ex-direttore, oggi dimostratosi innocente, è stato inizialmente denunciato e quindi dismesso dalla sua carica dal comitato direttivo del Parco perché coinvolto in un contenzioso legale col comitato stesso che lo accusava di ordinare intercettazioni abusive durante le riunioni. Il grande debito contratto durante la sua amministrazione e un presunto falso in bilancio portarono alla sua definitiva liquidazione da parte del presidente dell'Ente Parco Fulco Pratesi (in quegli anni presidente del WWF Italia), proprio allorché l'orientamento delle politiche ambientali nazionali e regionali stava cambiando. L'originario disegno che prevedeva il coordinamento delle riserve protette istituende che ruotavano attorno alla promozione del parco nazionale fu dimenticato. Non si tenne conto dell'impiego di risorse economiche e umane del Parco d'Abruzzo che portò alla concretizzazione del progetto e, piuttosto che intervenire in collaborazione con la riserva ormai indebitata, venne finanziata una sequenza di parchi speculari autonomi, per anni amministrativamente frammentati ed economicamente dispersivi. A ciò si aggiunse la sfiducia delle popolazioni coinvolte e degli ambientalisti di fronte alle polemiche che sorsero in quegli anni[3].
Il commissariamento
Un periodo di incertezza è seguito alla caduta di Tassi, fino alla mozione di sfiducia della Comunità del Parco (istituita nel 1991 con la legge n. 394 sulle aree protette[4]) verso Fulco Pratesi licenziato nel 2005 dalla carica di presidente dell'Ente Parco dal Ministero dell'Ambiente. Dal 2002 Aldo Di Benedetto, già portavoce dell'associazione Pronatura[5], è il Direttore del Parco in carica e Giuseppe Rossi è il Commissario Straordinario dell’Ente Parco, il quale ha assunto i compiti della carica di presidente oggi vacante; la politica è orientata prevalentemente verso il risanamento finanziario e al recupero del rapporto con le comunità locali e con le istituzioni politiche (celebre l'appello di Di Benedetto per sollecitare l'interesse polito verso la riserva all'ex-governatore della Banca d'Italia -quando era ancora in carica- Antonio Fazio, nato ad Alvito comune del Parco D'Abruzzo). Si fronteggiano ancora le nuove forme di speculazione e aggressione edilizia, e nonostante tutto si opera per ricostruire una florida produzione scientifica ecologista e per la sistemazione del personale[6].
Geologia e Geomorfologia
Tettonica
Le gole del fiume Sangro nei pressi di Barrea
La storia geologica del territorio ricadente nel parco è la stessa di tutto l'Appennino centrale. Le giogaie dei monti sono grossi sistemi calcarei generatisi tra il Giurassico inferiore ed il Cretaceo a seguito dell'emersione nel Paleocene dei grossi giacimenti lagunari della piattaforma carbonatica (estesa ipoteticamente a est di Pescasseroli) e della scogliera corallina (zona del Monte Marsicano e Montagna Grande di Scanno). A seguito dell'emersione nel Miocene la laguna ed il mare aperto sono sostituite dai bassifondi che con la definitiva orogenesi del Quaternario formeranno gli strati di argilla ed arenaria che oggi si alternano alle montagne calcaree e ai depositi continentali.
Dove emergono gli strati argillosi passa anche la grossa faglia di sovrascorrimento, debolmente attiva: da Pizzone si dirama verso Alfedena e Barrea per poi proseguire diretta verso Villetta Barrea e Scanno lungo la valle del torrente Profluo. Faglie dirette minori sono presenti attorno a Pescasseroli e sui monti di Pescosolido e Campoli Appennino. La mobilità tettonica della zona è causa dei più recenti sismi, fra cui si ricorda il Terremoto di Avezzano.
Glaciazioni
Le cime più alte presentano tracce evidenti dell'ultima glaciazione del Quaternario con circhi e rispettive tracce di morene ancora superstiti. I più evidenti sono quelli dei Monti della Meta, Serra delle Gravare, del Monte Petroso e del Monte Palombo con la morena al Coppo della Polinella.
Monti
Le catene Montuose del Parco d'Abruzzo sono una delle dorsali fondamentali dell'Appennino abruzzese. Possono essere raggruppate in tre gruppi fondamentali.
Gruppo del Monte Tranquillo (1841 m s.l.m.), propaggine meridionale della Serra Lunga, sistema montuoso parallelo al corso del fiume Liri e della Valle Roveto fino al valico di Forca d'Acero.
Gruppo del Monte Marcolano (1940 m s.l.m.), tra Pescasseroli e il Fucino.
Gruppo delle Toppe del Tesoro, tra Scanno e Villetta Barrea
Gruppo dei Monti della Meta, dal valico di Forca d'Acero alle Mainarde.
Le cime più alte sono il monte Petroso (2.247 m) ed il monte Marsicano (2.242 m). Ma la vera regina del parco è il monte La Meta (a confine tra versante molisano e laziale) con l'affascinante parete NE che si affaccia sul pianoro dei Biscurri. Recentemente è stata inserita nel territorio del Parco anche la catena montuosa delle Mainarde. Nella Zona di Protezione esterna troviamo i 2.285 m del Monte Greco che con i monti circostanti costituisce la più alta, massiccia ed imponente giogaia del circondario.
Le acque
Il bacino naturale del lago di Scanno
Un territorio così spiccatamente calcareo sente fortemente dell'azione del modellamento idrico. Vasti campi di doline si distribuiscono sulla Serra Traversa di San Donato Val di Comino, sui monti di Settefrati e Pescasseroli. Disseminate per il territorio inoltre numerose grotte di piccole e medie dimensioni, nonché abbondanza di sorgenti carsiche.
Se infatti le sorgenti in quota sono limitate e a portata piuttosto discreta, alle falde dei principali complessi montuosi attorno ai 1100-1000 m circa s.l.m. sgorgano abbondanti le acque delle sorgenti Tornareccia e Grotta delle Fate nel comune di Opi, Aia Santilli , Iannanghera e Sorgente delle Donne di Civitella Alfedena, Rio Torto di Alfedena e Canneto a Settefrati (sorgente del Melfa), e la polla cristallina lungo il fiume Sangro di Fonte della Regina a Villetta Barrea con la portata media di 2000 litri d'acqua al secondo.
Tra i fiumi abbiamo ricordato già il Sangro, che nasce presso il passo del Diavolo e scorre nel cuore del parco fino ad uscire dai suoi confini ad Alfedena occupando la valle principale in cui si sviluppa la riserva. Riceve la maggiore quantità di acque dai torrenti Scerto e Fondillo, la vera e propria linfa vitale del fiume. A Barrea una diga genera con le sue acque il lago di Barrea.
Il settore laziale del parco ricade nello spartiacque del Liri ed entro i margini della riserva ricadono i fiumi Melfa a Settefrati e Mollarino che sorge presso San Biagio Saracinisco. Il Giovenco, la cui valle oggi è quasi completamente inserita nel parco, è uno degli immissari del bacino del Fucino. Nel Molise le acque cadono entro lo spartiacque del Volturno che sorge nel comune di Rocchetta a Volturno, nel cui percorso si immettono il Rio Jemmare di Pizzone e il Rio San Pietro di Scapoli.
Nel comprensorio del Parco esistono alcuni interessanti laghi naturali come il lago Vivo, stagionale, il lago Pantaniello, riserva statale fra le cime del Monte Godi importante per l'elevata altezza e per le presenze ittiche, e il lago di Scanno, sorto a seguito di una frana nella valle del fiume Sagittario, presso Villalago e ai piedi dell'abitato di Frattura in comune di Scanno. Il suo immissario principale è il Torrente Tasso, alimentato da un sistema di sorgenti minori attorno a Scanno oggi quasi tutte captate per il fabbisogno civico di risorse idriche di alta qualità.
Alcuni laghi artificiali sono stati realizzati nel dopoguerra nella Zona di Protezione Esterna: il lago di Cardito nel comune di Vallerotonda, il lago di Grotta Campanaro a Picinisco e il lago della Montagna Spaccata nel territorio di Alfedena, recentemente attrezzati per la ricezione del turismo ecocompatibile.
Fauna
Il lupo appenninico, frequente presenza nei boschi del parco.
Tracce di Capriolo nella neve.
La lince
Grandi mammiferi
I grandi mammiferi sono stati la causa principale dell'istituzione della riserva. Un tempo tutti gli animali protetti nel territorio del parco erano diffusi lungo l'intero Appennino centromeridionale, costituendo popolazioni geneticamente autonome rispetto alle specie europee, spesso dei veri e propri endemismi, zoologicamente importantissimi ancora non del tutto studiati nella loro identità genetica.
Orso bruno marsicano (Ursus arctos L. subsp. marsicanus Altobello), 70-100 esemplari circa. È il simbolo del parco che da sempre ha sconfinato in tutte le montagne dell'Abruzzo meridionale, del Lazio e del Molise, contando avvistamenti anche alle basse quote, tanto da far ipotizzare un aumento della sua popolazione. Più volte negli anni ha rischiato l'estinzione (ridotto a soli 30 esemplari nel 1950). La sua presenza più frequente è nelle valli boschive dei Monti della Meta e nella riserva integrale del Feudo Intramonti, nel comune di Villetta Barrea. Con introduzioni di alberi da frutto selvatici e la regolamentazione degli accessi turistici, si è costruito un ambiente più idoneo per il plantigradro.
Lupo appenninico (Canis lupus L. subsp italicus), 40-50 esemplari circa. È il predatore più importante del parco e di tutto l'Appennino, nel 1970 contava solamente una decina di esemplari, ma grazie all'estensione del territorio della riserva integrale, l'aumento delle popolazioni di Camoscio d'Abruzzo e l'introduzione di cervi e caprioli la specie ha registrato una costante crescita, fino alla accertata diffusione nel vicino Appennino laziale e toscano. Altri individui stanno colonizzando le Alpi, oltrepassando i confini storici dell'areale della specie.
Lince[7] (Lynx lynx L.), 10 esemplari circa. Fino a pochi anni fa non tutti gli studiosi concordavano sulla presenza della lince nel territorio del parco, e molti ancora ritengono le popolazioni appenniniche frutto di reintroduzioni recenti. Due esemplari sono conservati e studiati in un'apposita area faunistica a Civitella Alfedena. Tracce del felino anche in tutta la penisola.
Camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica Bonaparte subsp. ornata), 600-700 esemplari circa. Altro importante elemento, che insieme all'orso marsicano è endemico del parco, si è preservato dall'estinzione nei pendii della Camosciara (nome che ne testimonia la presenza relitta). Geneticamente vicino al Camoscio dei Pirenei, presenza vistose differenze col Camoscio alpino per il collare di pelo più scuro attorno al collo, collo che invece è completamente rivestito di una fine peluria chiara, in inverno bianca. Oggi ha recuperato territorio ed è diffuso sulle alture del Monte Amaro di Opi e del Monte Meta di Picinisco, nonché saltuariamente su tutte le pendici più ripide della riserva non più soggette a intenso pascolo. Dal parco d'Abruzzo sono partiti gli esemplari reintrodotti alle pendici della Majella e nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Cervo (Cervus elaphus L. subsp. hippelaphus), 500-600 esemplari circa. Il cervo si era estinto nel parco già al momento della sua prima istituzione, nel 1921, e la sua assenza incise notevolmente sulla catena alimentare creando serie difficoltà per i predatori principali. Nel 1971 furono introdotti dalle Alpi orientali i primi esemplari che si stanziarono nei boschi alle pendici del Monte Marsicano. Oggi in forte espansione.
Capriolo (Capreolus capreolus L.), 500-600 esemplari circa. Come il cervo anche il capriolo è stato reintrodotto. Dai circa 60 esemplari oggi la popolazione è notevolmente aumentata, tanto da essere la specie più facile da avvistare.
Mammiferi minori
Una Lontra nei corsi d'acqua pirenaici.
Sfuggevole l'incontro con il gatto selvatico, la martora, la faina, il tasso e la puzzola, specie diffuse su tutto il territorio nazionale. Incerta la presenza della Lontra, nelle acque chiare e non inquinate del Sangro all'affluenza dei torrenti pescosi che scendono dalle valli vicine (il corso normale del fiume dopo Pescasseroli presenta un pessimo stato di eutrofizzazione).
Molto più comuni sono la volpe, la lepre, la talpa, il riccio e la donnola; abbastanza frequenti il ghiro e lo scoiattolo meridionale. Anche qui i cinghiali sono un problema sentito, e non solo dalla popolazione per i danni alle colture, ma anche per il dissesto che apportano al manto erboso delle radure minacciando spesso le presenze floristiche rare.
Uccelli
Aquila chrysaetos L.
Tra gli uccelli (circa 230 specie diverse) si ricorda l'importante presenza del Picchio di Lilford nei boschi di Monte Tranquillo a Pescasseroli e sui Monti della Meta; si è ipotizzata la reintroduzione del Picchio nero. Segnalata la presenza senza nidificazione della Cicogna bianca, e avvistamenti rari di Gypaetus barbatus. I rapaci sono ancora ben diffusi come in tutto il territorio appenninico: il falco pellegrino, l'astore, la poiana, il gufo reale e l'allocco. Nei pressi dei corsi d'acqua incontaminati non poteva mancare il Merlo acquaiolo, oltre alle più comuni ballerine gialle.
L'aquila reale ha trovato nell'area protetta molti luoghi ideali per la nidificazione, e con le restanti aree protette confinanti, può sfruttare il Parco Nazionale d'Abruzzo come corridoio naturalistico per la riconquista delle zone prossime in cui si era estinta. Se ne contano oggi 3 coppie stabilmente nidificanti nel parco o nella Zona di Protezione Esterna.
Rettili
Tra i rettili ma solo sui luoghi più aspri ed in quota troviamo la rarissima Vipera dell'Orsini oltre la Vipera comune, abbastanza frequente il biacco, come l'orbettino e la Biscia dal collare (Natrix natrix subsp. lanzai).
Fauna minore e ittiofauna
La presenza di alcune valli ricche di acque sorgive, impaludamenti e torbiere ha favorito la conservazione di piccoli anfibi rari e schivi: Salamandrina dagli occhiali, altro importante endemita appenninico, Tritone italiano, Salamandra pezzata. Si contano fino a 2000 diversi coleotteri fra le circa 3800 specie diverse di insetti, molti di questi rari e localizzati, fra cui Parnassus apollo, Carabus cavernosus violatus e il Capricorno del Faggio (Rosalia alpina). Molto praticata l'apicoltura. Si segnalano 13 specie diverse di Chirotteri.
Nei corsi d'acqua più freddi troviamo le specie di trota autoctone Salmo trutta fario e Salmo trutta lacustris. Introdotta nei bacini artificiali la trota iridea (Oncorhynchus mykiss). Segnalata la presenza del gambero di fiume Austropotamobius pallipes italicus e il gambero lacustre Gammarus lacustris.
Flora
Il Riccio di Dama, liliacea frequente nel parco
Cypripedium calceolus L.
Aster alpinus L.
Il Pino mugo.
Fiori di Gentiana nivalis.
La sua posizione grossomodo centrale nella penisola italiana e i diversi ampliamenti effettuati nel corso degli anni in territori paesaggisticamente vari hanno fatto del parco un prezioso serbatoio di specie floristiche rare ed endemiche, luogo di protezione degli ambienti più tipici e meglio conservati di tutto l'Appennino.
[modifica]Vegetazione sinantropica e riparia
La lontananza del mare fa sì che le associazioni vegetali siano prevalentemente quelle tipiche dell'area continentale, seppur si ricordano nella Zona di Protezione Esterna leccete relitte sulle colline che si affacciano sull'antico lago Fucino, a Casali d'Aschi nel territorio di Gioia dei Marsi. Altri elementi mediterranei extrazonali lambiscono il territorio del parco per brevi tratti in Val di Comino e a Rocchetta a Volturno.
Dai 600 agli 800-1000 m s.l.m. Il piano occupato dalle antiche colture, oggi riutilizzate a maggese o a pascolo, era quello del bosco di roverella, diffuso nei fondovalle del parco ricandente negli spartiacque del Giovenco e del Liri e nella pianura un tempo coltivata, a substrato argilloso, ricoperta oggi dall'invaso del Lago di Barrea. I boschi di querce sono ancora abbondanti nel versante delle Mainarde con le interessanti cerrete attorno al bacino artificiale del lago di Cardito dove si segnala la presenza molto meridionale e rarissima per il Lazio di Lomelosia crenata (Cyr.) Greuter & Burdet subsp. crenata, rara in Abruzzo e Molise. Ornielli, aceri, meli selvatici e ciliegio abbondano nella zona di transizione col piano montano, fortemente degradata a causa dell'esposizione intensa al pascolo.
Le zone umide in cui la vegetazione è più abbondante e caratteristica sono le rive del fiume Sangro a valle di Pescasseroli. Il corso d'acqua attraversa la piana di Opi dove la maggior parte delle piante spontanee sono relegate nelle golene a Salix appennina Skvortsov, Salix purpurea L. e Populus alba L. Più a valle dove il Sangro raccoglie le acque dello Scerto e del Rio Fondillo la vegetazione ha riconquistato antichi coltivi. Le specie arbustive dominanti sono il Corylus avellana L. e la frequente, ma localizzata, Tilia platyphyllos Scop. Frequente nel substrato acido del sottobosco Dactylorhiza fuchsii (Druce) Soò. Le rive artificiali del lago di Barrea, soggette ai frequenti mutamenti del livello delle acque, non permettono una diversificazione floristica degna di nota. Importanti i pantani delle sorgenti in quota, che ospitano la rara Dactylorhiza incarnata (L.) Soò e il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata L.).
[modifica]Piano montano e submontano
Dagli 800-1000 ai 1800 m s.l.m. L'area montana è nella maggior parte del territorio ormai completamente ricoperta da una densa superficie boschiva per lo più caratterizzata dal faggio, soggetta ad usi civici; le sole secolari faggete tra Pescasseroli e Villavallelonga scampano al periodico taglio del bosco e possono così ospitare una varietà vegetale ed animale altrimenti assente nel così detto bosco coetaneo. Alle stesse altitudini però vi sono i boschi della Camosciara e di Cacciagrande in Val Fondillo, nei comuni di Villetta Barrea e Opi, la cui varietà floristica è la più importante e studiata del parco. Accanto ai faggi, aceri di monte, aceri di Lobelius, sorbi montani, e maggiociondoli, specie molto diffuse anche nel resto dell'area protetta, vive il più celebre endemismo della zona, il Pino nero di Villetta Barrea. La stazione è un relitto dell'epoca glaciale; la specie è anche diffusa sporadicamente oggi attorno al Monte Greco, al Monte Godi e sulle Mainarde, a testimonianza delle antiche pinete oggi soppiantate dagli ampi pascoli e praterie. Questo lembo di territorio è preziosissimo anche per altre presenze tipicamente alpine quali la Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus L.) e la Corallorhyza trifida Cathel., nonché per le numerose specie delle rupi calcaree aride o stillicidiose come le carnivore Pinguicola e Drosera o l'endemica Aquilegia magellensis Huter, Porta & Rigo. Polygala chamaebuxus L. a San Biagio Saracinisco raggiunge il limite meridionale del suo areale italiano.
Poco diffusa la presenza di Taxus baccata L. che si concentra nelle zone più alte e selvagge della faggeta sui Monti della Meta e sui monti tra Pescasseroli e Villavallelonga.
Altro importante relitto sono i popolamenti di Betula pendula Roth, presente in due sole stazioni in quota sui Monti della Meta. Nel parco è stato studiato e scoperto il Giaggiolo marsicano (Iris marsica Ricci & Colasante), il più bello e vistoso endemismo dell'Appennino centrale.
Vegetazione in quota e pascoli
Oltre i 1800 m s.l.m. Il piano alpino e subalpino è altrettanto interessante. Ospita il pino mugo, raro altrove nell'Italia centromeridionale. A causa dell'isolamento geografico numerose specie alpine relitte in Abruzzo si sono evolute in una serie di interessantissimi endemismi, altre sono ai limiti del loro areale intero o relativo (italiano).
Androsace maxima L.: primulacea annuale tipica delle valli alpine orientali; nella penisola è segnalata solo nel Parco Nazionale d'Abruzzo e nel Parco regionale naturale del Sirente - Velino.
Gentiana nivalis L.: piccola genziana a corolla blu, rara in tutto il territorio nazionale, nel Parco d'Abruzzo al limite meridionale del suo areale italiano.
Campanula tanfanii Poldech: presente nella Zona di Protezione Esterna, relitto glaciale diversificato a seguito dell'isolamento geografico post-glaciale, diffuso dal Furlo al parco d'Abruzzo, è la specie più prossima dell'endemita alpino Campanula carnica Schiede ex M. & K.
Campanula appennina Poldech: altro endemismo peninsulare al limite meridionale del suo areale.
Viola hymettia Boiss & Heldr. e Viola eugeniae Parl. La prima al limite settentrionale del suo areale italiano, è una forma della più frequente Viola arvensis Murray. La seconda è frequentissima nell'Appennino centrale dove sostituisce l'analoga Viola calcarata L., specie alpina geneticamente vicina.
Festuca bosniaca Kumm. & Sendtn. Anfiadriatica sui pendii sassosi della riserva, al limite settentronale del suo areale italiano. Poco appariscente, è importante perché associata alla distribuzione di Pinus leucodermis Antoine, oggi relitto nella sola Calabria.
Leontopodium alpinum Cass subsp. nivale (Ten.) Tutin e Aster alpinus L. Vistosi elementi floristici delle alte quote, raggiungono nel parco la punta meridionale del loro areale italiano.
Nigritella widderi Teppner & Klein è un'altra delle orchidee selvatiche localizzata ed endemica dell'Appennino centrale, segnalata nel piano cacuminale del comune di Opi.
Molto rari e per lo più frutto di rimboschimenti sono i boschi nel versante peligno del parco, quello ricadente nel comune di Scanno in cui dall'area abitata alle cime montuose continua ininterrottamente la superficie destinata al pascolo e all'allevamento del bestiame. Nonostante le condizioni ambientali sfavorevoli, anche questa zona conserva preziose nicchie di biodiversità: è in queste valli infatti che troviamo l'unica stazione del parco di Paeonia officinalis L. e un'ampia concentrazione di piante aromatiche ed officinali: Hyssopus officinalis L., Gentiana lutea L., Tanacetum parthenium L., Chenopodium bonus-ericus L.
Geografia antropica e archeologia
Cane da pastore abruzzese, l'animale tipico della guardia alle greggi della transumanza.
Le popolazioni dell'Alto Sangro hanno da sempre dovuto adattare i loro usi ad un paesaggio ostico: isolamento e secoli di carenza di infrastrutture e vie di comunicazione. Alcuni villaggi del parco sperimentarono la prima vera e propria forma di urbanizzazione solo a seguito del Terremoto di Avezzano; considerati i danni subiti dai nuclei urbani storici, furono ricostruite abitazioni provvisorie su cui poi si svilupparono gli edifici moderni e i servizi. Prima del 1915 l'economia strettamente pastorale della zona aveva modellato non solo le montagne e il paesaggio rurale, ma anche l'assetto e le forme dei centri urbani: essi non si sviluppavano attorno ai castelli medievali, su speroni rocciosi difensivi o su ruderi romani come nei circondari vicini; la marginalità del posto teneva lontano invasori e conquistatori. Così i villaggi crebbero senza forma, oggi li vediamo svilupparsi attorno ai palazzi signorili rococò dei grandi proprietari terrieri e di bestiame, e sembrano riproporre l'immagine delle greggi e l'ordine pastorale dei "tesorieri del bestiame", delle terre della grande transumanza verso le Puglie.
I primi insediamenti e l'età romana
Indagini archeologiche hanno portato alla luce le prime tracce di insediamenti stabili umani risalenti all'età del Ferro (X - VII sec. a.C.) testimoniati dai resti di rudimentali fortificazioni in opera poligonale attorno al Lago di Barrea. Si cominciava a praticare stabilmente la pastorizia e la società si organizzava in gruppi parentali (clan): a testimonianza di ciò le diverse necropoli della Val Fondillo, di Barrea e Alfedena.
Con la diversificazione delle varie tribù safine che si stanziarono nell'Italia centrale, le montagne del Parco si trovarono a determinare il limite tra i territori dei Marsi, Volsci e dei Sanniti. I confini che si costituirono in quest'epoca (V sec. a.C.) saranno poi ricalcati dall'amministrazione romana che spartirà il territorio tra i municipi di:
Aufidena (l'attuale Castel di Sangro), che amministrava l'Alto Sangro fino a Opi.
Atina, da cui dipendeva l'attuale territorio di Pescasseroli e Opi, già possedimento di Cominium.
Angizia (forse Gioia dei Marsi)
e il pagus Bletifulus (Scanno) nel municipio di Corfinium in territorio peligno.
Resti della presenza Italica e Romana sono sparsi lungo la valle del Sangro; santuari, ville, lapidi.
Cristianesimo e Medioevo
Antica parrocchiale a Pescasseroli
Con la caduta dell'impero romano e l'inizio del medioevo l'Alto Sangro perde le poche strutture sociali e amministrative presenti nel suo territorio, e per ritrovare una organizzazione amministrativa ben testimoniata si dovrà aspettare la nascita delle grandi abbazie di Montecassino e San Vincenzo al Volturno. I due cenobi si contesero per secoli le proprietà dei pascoli incrementando uno sporadico incastellamento (fortificazione di Pescasseroli e Rocca Intramonti, di cui oggi restano i ruderi presso Civitella Alfedena). A Montecassino spettava la proprietà del monastero di Sant'Angelo in Barreggio, presso Villetta Barrea. Nel 1349 un sisma distrugge San Vincenzo lasciando spazio all'espansione politica di Montecassino finché nel 1669 tutti i territori del monastero volturnense vengono assegnati ai monaci cassinati.
L'era moderna e l'unità d'Italia
Possiamo far cominciare l'era moderna nella Marsica dal consolidamento amministrativo ed economico della pratica della transumanza. Se infatti già dal medioevo tale fenomeno è attestato in tutta Italia, in Abruzzo è favorito dall'unità politica del Regno di Napoli: un sistema economico che sarà la molla per la lenta rottura dei vincoli feudali fino all'unità d'Italia. Gli Aragonesi apporteranno i primi contributi per la lotta al banditismo e per la sicurezza dei percorsi pastorali. Una lenta modernizzazione passerà prima attraverso lo sviluppo dell'industria della lana nel circondario di Sora, e poi dopo l'unità di'Italia nelle cartiere lungo il Melfa a Picinisco e lungo il Volturno a Pizzone, oggi preziose testimonianze d'archeologia industriale. Fu tentata anche l'attività estrattiva della bauxite ma con scarsi risultati.
I comuni
Panorama di Scapoli e delle basse Mainarde.
Il Parco interessa 25 comuni distribuiti in tre province
Provincia dell'Aquila :
Alfedena, Barrea, Bisegna, Civitella Alfedena, Gioia dei Marsi, Lecce nei Marsi, Opi, Ortona dei Marsi, Pescasseroli, Scanno, Villavallelonga, Villetta Barrea.
Provincia di Frosinone :
Alvito, Campoli Appennino, Pescosolido, Picinisco, San Biagio Saracinisco, San Donato Val di Comino, Settefrati, Vallerotonda.
Provincia di Isernia :
Castel San Vincenzo, Filignano, Pizzone, Rocchetta a Volturno, Scapoli
Gastronomia e artigianato
Per la lontananza dalle principali direttrici del commercio e l'indisponibilià di olii vegetali e vite (zona a clima montano), i prodotti tradizionali sono quelli tipici dell'Appennino centrosettentrionale. Salumi e insaccati, primi piatti poveri a base di legumi e paste molli (da ortaggi coltivabili anche in quota come il fagiolo di Scanno o la cicerchia). Dolciumi e Liquoreria sono rivalutati da piccole aziende locali.
Produzione di merletti al tombolo[8] e tradizione orafa presso Scanno. Lavorazione manuale della pietra e del legno sporadicamente in tutto il territorio. A Scapoli si producono ancora zampogne artigianali[9].
La zonazione, accessi e progetti d'ampliamento
Per una migliore amministrazione il territorio del parco è stato suddiviso nella sua gestione nel 1987 in quattro differenti settori di protezione[10].
ZONA A - Riserva integrale: ricadono in questo provvedimento protezionistico le cime più impervie popolate dai Camosci, il fondovalle dello Scerto e del torrente Fondillo, ma anche porzioni di faggete nei comuni di Villetta Barrea e Pescasseroli. L'accesso è interdetto o severamente regolamentato.
ZONA B - Riserva generale: i territori in cui la presenza umana è sempre stata storicamente costante sono allo stesso modo protetti dai vincoli della riserva generale, che regolamentano l'accesso motorizzato, il prelievo di legname e di prodotti del sottobosco. L'escursionismo è libero.
ZONA C - Protezione: l'area, prevalentemente estesa nel fondovalle del Sangro, è quel territorio intorno ai centri abitati tradizionalmente dedicato alle attività agricole e all'uso privato delle risorse naturali.
ZONA D - Sviluppo: i centri urbani inglobati nel perimetro del parco dopo i vari ampliamenti gestiscono in quest'area i piani regolatori dello sviluppo edilizio in collaborazione con il Parco che qui promuove le attività ricettive e di orientamento del flusso turistico.
La più comoda località d'accesso è il paese di Pescasseroli (AQ), insieme ai centri minori dell' Alto Sangro, cuore dell'area protetta. Il parco divide il suo territorio in diversi settori turistici per le relazioni con i visitatori e le promozioni editoriali: il settore Val Comino in provincia di Frosinone, il settore Mainarde in provincia di Isernia e il settore Marsica Fucense che comprende i comuni del parco ricandenti nello spartiaque dell'alveo del Fucino.
Nella maggior parte dei comuni sono allestiti centri di visita tematici o uffici di zona in cui è possibile disporre di materiale divulgativo sul Parco e organizzare i percorsi turistici ed escursionistici:
Il Lago di Barrea, la campagna circostante e, in fondo, i boschi della riserva integrale.
Centro Parco, Orto Botanico e Parco Faunistico a Pescasseroli.
Museo e Area Faunistica del Lupo Appenninico, Area Faunistica della Lince a Civitella Alfedena.
Museo e Area Faunistica del Camoscio d'Abruzzo a Opi
Centro Parchi Internazionale a Villetta Barrea
Settore Marsica Fucense: Museo dell'Insetto a Bisegna, Museo e Area Faunistica del Cervo a Villavallelonga
Settore Val Comino: Ufficio di Zona ad Alvito e Vallerotonda, Museo degli animali notturni a Picinisco.
Settore Mainarde: Ufficio di Zona a Pizzone, Museo della Zampogna a Scapoli.
Recentemente sono stati avanzati nuovi progetti d'ampliamento che interessano parte del comune di Alfedena nella zona di Capitelli e Lago Montagna Spaccata a Sud-est, nel così detto "cuneo della morte", luogo di dispersione faunistica e di bracconaggio selvaggio. A Ovest invece per il parere contrario delle amministrazioni locali, è sfumata la possibilità di un ampliamento ai monti della Serra Lunga a Villavallelonga fino ai comuni di Balsorano (AQ) e Pescosolido (FR).
Attività possibili
I campeggi attrezzati più frequentati sono Alfedena - Lago Montagna Spaccata, Barrea - Colle Ciglio (sulle rive del lago), Pescasseroli - Campeggio dell'Orso, Pizzone - Le Forme/Vallefiorita, Settefrati - Madonna di Canneto, Villetta Barrea - Le Quite[11]
Escursioni organizzate con il parco
Escursioni a cavallo
Trekking
Cicloturismo
Canoa
Birdwatching
Sci di fondo e sci alpinismo
Turismo balneare (Lago di Scanno)
Il Parco nazionale d'Abruzzo (con la legge n. 93 del 23 marzo 2001 Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, denominazione che non implica trasformazioni amministrative) insieme al Parco Nazionale del Gran Paradiso è il più antico parco d'Italia noto a livello nazionale per il ruolo avuto nella conservazione di alcune tra le specie faunistiche italiane più importanti, lupo, camoscio d'Abruzzo ed orso bruno marsicano , nonché per le prime e numerose iniziative per la modernizzazione e la diffusione localizzata dell'ambientalismo. È ricoperto da boschi di faggio per circa due terzi della sua superficie. Si estende prevalentemente in territorio montano e pastorale, dove non è praticabile la coltura della vite e dell'olivo, sconfinando nel piano delle colture nelle valli del Giovenco e in Val di Comino.
Il Parco nazionale d'Abruzzo fu istituito nel 1923, con RDL 257 11/01/1923 (L'Ente Parco nel 1921). Al territorio attuale si giunse dopo successive integrazioni. La gestione è dell'Ente Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise con sede attuale a Pescasseroli (AQ). Interessa 25 comuni distribuiti nelle province di Frosinone, Isernia e L'Aquila. Nel 1980 ha avuto inizio la zonizzazione del parco, cioè la sua suddivisione in zone a diversa protezione ambientale per poter conciliare le opposte esigenze della protezione della natura e degli sviluppi urbanistici delle popolazioni locali.
Le origini
Ursus arctos L. ssp. marsicanus
Il forte isolamento in cui il territorio dell'Alto Sangro giaceva da secoli aveva permesso la conservazione di una rilevante quantità di specie animali e vegetali degni di conservazione; non tutto era stato trasformato in pascolo. Alle timide iniziative locali di istituire una riserva di caccia sul modello delle prime aree protette del Piemonte venne incontro la famiglia Sipari, ricchi proprietari di Pescasseroli imparentati col filosofo Benedetto Croce[1]. Si adoperarono per la realizzazione nel territorio dei comuni di Opi, Pescasseroli, Villavallelonga, Collelongo, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Balsorano e Castellafiume della Reale Riserva di Caccia di Vittorio Emanuele II, istituita nel 1872. La tutela faunistica risulterà superficiale e saltuaria e la riserva (soppressa dal 1878 al 1907) venne definitivamente sciolta nel 1912 da Vittorio Emanuele III; contemporaneamente Erminio Sipari iniziò a dar voce alla prima iniziativa in Italia di istituzione di un Parco Nazionale sul modello dello Yellowstone statunitense.
Il primo parco d'Italia.
Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise
Con Erminio Sipari, i primi ad accogliere la proposta della realizzazione di un Parco Nazionale in Italia furono il botanico Romualdo Pirotta e l'associazione bolognese "Pro Montibus et Sylvis". Lo studioso e l'associazione notavano la concentrazione di specie appenniniche e la varietà di habitat di interesse nazionale nella Marsica: avanzarono la prima proposta del 1914 di un grande parco esteso dall'alveo del Fucino a Castel di Sangro, dal fiume Liri alle pendici della Majella. I costi eccessivi della realizzazione e del mantenimento fecero fallire l'iniziativa, alla quale però seguì un secondo più intenso coinvolgimento di associazioni e intellettuali. Il 25 novembre del 1921, un anno prima dell'istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso, Erminio Sipari fondò con la Pro Montibus e fu presidente dell'Ente Autonomo del Parco Nazionale d'Abruzzo che gestiva un piccolo fazzoletto di terra del comune di Opi nella zona della Camosciara.
Istituzione legislativa e primi ampliamenti
Nel 1923 l'Amministrazione del Parco è ufficialmente istituita, i confini si estendono anche ad altri comuni che solo in un secondo momento concessero il loro territorio alla protezione dell'Ente Autonomo costituendo così le vere fondamenta del parco attuale;
ricadono nei primi confini parte del territorio di Opi, Pescasseroli, Villavallelonga, Collelongo, Lecce nei Marsi, Gioia dei Marsi, Campoli Appennino, Alvito, Barrea, Settefrati, Bisegna.
nel 1925-26 espansione ai Monti della Meta in provincia di Frosinone e in parte del territorio di Pizzone e della valle del Sangro.
Nel 1926 è istituito il museo e lo zoo del parco a Pescasseroli, i primi rifugi e la sentieristica organizzata.
Fra i primi obbiettivi politici del parco si nota la tendenza a favorire presenze turistiche e soggiorni sportivi per convertire l'economia montana pastorale in un sistema compatibile con la tutela dell'ambiente.
Nel 1933 il regime fascista sopprime l'Ente Autonomo, probabilmente per i suoi legami con l'associazionismo cattolico e per rafforzare la presenza nei parchi italiani della Milizia Forestale, che ottenne la gestione anche del Parco Nazionale del Gran Paradiso e dei nuovi parchi del Circeo e dello Stelvio.
Il dopoguerra e l'amministrazione Saltarelli
Nel 1951 il governo democristiano dell'epoca firma la ricostruzione dell'Ente autonomo. La nuova direzione recupera gli obbiettivi del vecchio Ente, e insieme alle numerose assunzioni di personale di sorveglianza, ricerche scientifiche e estensione dei divieti di caccia, promuove le prime moderne infrastrutture per la ricezione del turismo, mobilitandosi senza successo nella realizzazione di strade e alberghi in zone di grande pregio con uno spirito oggi più che mai biasimato. Sulla politica edilizia si innestano verso la fine degli anni '50 le grandi speculazioni alberghiere e gli interventi per la realizzazione di impianti di risalita e di piste da sci in ogni comune del Parco: l'amministrazione di Francesco Saltarelli che tenta di opporsi all'ondata d'abusivismo viene liquidata; sono gli anni della grande espansione urbanistica di Pescasseroli e dell'aggressione indiscriminata del cemento secondo un disegno speculativo che voleva la realizzazione di un grande comprensorio turistico-alberghiero da Roccaraso ai comuni della Val di Comino. Un lungo periodo di commissariamento e di difficili battaglie per la tutela (nel 1967 il parco ottiene il diploma Europeo per la conservazione della natura) termina nel 1969 quando Franco Tassi diventa il nuovo direttore.
L'amministrazione Tassi
Il vivace centro storico di Civitella Alfedena, ristrutturato e funzionale.
Nel 1969 Franco Tassi viene nominato direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.
L'amministrazione inizia il suo mandato mostrandosi da subito decisamente contraria all'ondata di lottizzazioni che si ripresentava continuamente nei comuni più importanti. Nel 1970 è istituita la Zona di Protezione Esterna, che ricalca in buona parte i confini del primo grande parco proposto dal Sipari e dalla Pro Montibus et Sylvis. Nel 1976 il terzo grande ampliamento del Parco al massiccio del Monte Marsicano, scongiura la realizzazione di un grande sistema di piste da sci tra Pescasseroli e Bisegna sul modello della vicina Roccaraso.
Sono gli anni del grande successo del parco, il ripensamento dei precedenti disegni di sviluppo si concretizza nell'accoglienza selettiva del turismo ecologista e ambientalista, in contrasto con gli afflussi di massa. Per la prima volta in Italia fu lanciato quel nuovo modello economico ambientale che trova il suo riferimento nello sviluppo economico di Civitella Alfedena. Il 10 Gennaio 1990 con il decreto del presidente della Repubblica Cossiga i comuni di Pizzone, Castel San Vincenzo, Rocchetta a Volturno, Filignano e Scapoli cedono parte della loro territorio ai vincoli della riserva per un totale di 4000 ha: nasce il settore Mainarde, con il quarto grande ampliamento. L'entusiasmo per una serie di grandi successi aumenta la popolarità nazionale ed internazionale della riserva, fino a diventare un riferimento per l'ambientalismo italiano e il focolaio attorno al quale sorgono i nuovi grandi progetti protezionistici che interessano non solo l'Abruzzo e le regioni vicine, ma tramite il WWF tutto il territorio nazionale. Tra il 1990 e il 1999 il parco collabora all'istituzione del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e del Parco Nazionale della Majella, nonché alla realizzazione di un capillare sistema di riserve regionali minori che fanno dell'Abruzzo la regione italiana la più alta percentuale di territorio protetto. Attorno all'amministrazione e al personale del parco si riuniscono una serie di associazioni ambientaliste e in Abruzzo vengono iniziate le prime importanti ricerche scientifiche in grado di mettere in luce l'importanza del sistema ecologico abruzzese e della sua protezione, modello per quanto avviene più recentemente nelle altre regioni italiane. Al 1999 risale l'ultimo grande ampliamento del parco, nei comuni di Ortona dei Marsi e Bisegna nella Valle del Giovenco.
La crisi finanziaria e "l'affaire Tassi"
Il logo del WWF.
I grandi risultati ottenuti però non tengono conto dell'amministrazione economica. In realtà una serie di vicende che nel 2002 hanno messo fine alla così detta "era Tassi" non sono state ancora del tutto chiarite[2]. L'ex-direttore, oggi dimostratosi innocente, è stato inizialmente denunciato e quindi dismesso dalla sua carica dal comitato direttivo del Parco perché coinvolto in un contenzioso legale col comitato stesso che lo accusava di ordinare intercettazioni abusive durante le riunioni. Il grande debito contratto durante la sua amministrazione e un presunto falso in bilancio portarono alla sua definitiva liquidazione da parte del presidente dell'Ente Parco Fulco Pratesi (in quegli anni presidente del WWF Italia), proprio allorché l'orientamento delle politiche ambientali nazionali e regionali stava cambiando. L'originario disegno che prevedeva il coordinamento delle riserve protette istituende che ruotavano attorno alla promozione del parco nazionale fu dimenticato. Non si tenne conto dell'impiego di risorse economiche e umane del Parco d'Abruzzo che portò alla concretizzazione del progetto e, piuttosto che intervenire in collaborazione con la riserva ormai indebitata, venne finanziata una sequenza di parchi speculari autonomi, per anni amministrativamente frammentati ed economicamente dispersivi. A ciò si aggiunse la sfiducia delle popolazioni coinvolte e degli ambientalisti di fronte alle polemiche che sorsero in quegli anni[3].
Il commissariamento
Un periodo di incertezza è seguito alla caduta di Tassi, fino alla mozione di sfiducia della Comunità del Parco (istituita nel 1991 con la legge n. 394 sulle aree protette[4]) verso Fulco Pratesi licenziato nel 2005 dalla carica di presidente dell'Ente Parco dal Ministero dell'Ambiente. Dal 2002 Aldo Di Benedetto, già portavoce dell'associazione Pronatura[5], è il Direttore del Parco in carica e Giuseppe Rossi è il Commissario Straordinario dell’Ente Parco, il quale ha assunto i compiti della carica di presidente oggi vacante; la politica è orientata prevalentemente verso il risanamento finanziario e al recupero del rapporto con le comunità locali e con le istituzioni politiche (celebre l'appello di Di Benedetto per sollecitare l'interesse polito verso la riserva all'ex-governatore della Banca d'Italia -quando era ancora in carica- Antonio Fazio, nato ad Alvito comune del Parco D'Abruzzo). Si fronteggiano ancora le nuove forme di speculazione e aggressione edilizia, e nonostante tutto si opera per ricostruire una florida produzione scientifica ecologista e per la sistemazione del personale[6].
Geologia e Geomorfologia
Tettonica
Le gole del fiume Sangro nei pressi di Barrea
La storia geologica del territorio ricadente nel parco è la stessa di tutto l'Appennino centrale. Le giogaie dei monti sono grossi sistemi calcarei generatisi tra il Giurassico inferiore ed il Cretaceo a seguito dell'emersione nel Paleocene dei grossi giacimenti lagunari della piattaforma carbonatica (estesa ipoteticamente a est di Pescasseroli) e della scogliera corallina (zona del Monte Marsicano e Montagna Grande di Scanno). A seguito dell'emersione nel Miocene la laguna ed il mare aperto sono sostituite dai bassifondi che con la definitiva orogenesi del Quaternario formeranno gli strati di argilla ed arenaria che oggi si alternano alle montagne calcaree e ai depositi continentali.
Dove emergono gli strati argillosi passa anche la grossa faglia di sovrascorrimento, debolmente attiva: da Pizzone si dirama verso Alfedena e Barrea per poi proseguire diretta verso Villetta Barrea e Scanno lungo la valle del torrente Profluo. Faglie dirette minori sono presenti attorno a Pescasseroli e sui monti di Pescosolido e Campoli Appennino. La mobilità tettonica della zona è causa dei più recenti sismi, fra cui si ricorda il Terremoto di Avezzano.
Glaciazioni
Le cime più alte presentano tracce evidenti dell'ultima glaciazione del Quaternario con circhi e rispettive tracce di morene ancora superstiti. I più evidenti sono quelli dei Monti della Meta, Serra delle Gravare, del Monte Petroso e del Monte Palombo con la morena al Coppo della Polinella.
Monti
Le catene Montuose del Parco d'Abruzzo sono una delle dorsali fondamentali dell'Appennino abruzzese. Possono essere raggruppate in tre gruppi fondamentali.
Gruppo del Monte Tranquillo (1841 m s.l.m.), propaggine meridionale della Serra Lunga, sistema montuoso parallelo al corso del fiume Liri e della Valle Roveto fino al valico di Forca d'Acero.
Gruppo del Monte Marcolano (1940 m s.l.m.), tra Pescasseroli e il Fucino.
Gruppo delle Toppe del Tesoro, tra Scanno e Villetta Barrea
Gruppo dei Monti della Meta, dal valico di Forca d'Acero alle Mainarde.
Le cime più alte sono il monte Petroso (2.247 m) ed il monte Marsicano (2.242 m). Ma la vera regina del parco è il monte La Meta (a confine tra versante molisano e laziale) con l'affascinante parete NE che si affaccia sul pianoro dei Biscurri. Recentemente è stata inserita nel territorio del Parco anche la catena montuosa delle Mainarde. Nella Zona di Protezione esterna troviamo i 2.285 m del Monte Greco che con i monti circostanti costituisce la più alta, massiccia ed imponente giogaia del circondario.
Le acque
Il bacino naturale del lago di Scanno
Un territorio così spiccatamente calcareo sente fortemente dell'azione del modellamento idrico. Vasti campi di doline si distribuiscono sulla Serra Traversa di San Donato Val di Comino, sui monti di Settefrati e Pescasseroli. Disseminate per il territorio inoltre numerose grotte di piccole e medie dimensioni, nonché abbondanza di sorgenti carsiche.
Se infatti le sorgenti in quota sono limitate e a portata piuttosto discreta, alle falde dei principali complessi montuosi attorno ai 1100-1000 m circa s.l.m. sgorgano abbondanti le acque delle sorgenti Tornareccia e Grotta delle Fate nel comune di Opi, Aia Santilli , Iannanghera e Sorgente delle Donne di Civitella Alfedena, Rio Torto di Alfedena e Canneto a Settefrati (sorgente del Melfa), e la polla cristallina lungo il fiume Sangro di Fonte della Regina a Villetta Barrea con la portata media di 2000 litri d'acqua al secondo.
Tra i fiumi abbiamo ricordato già il Sangro, che nasce presso il passo del Diavolo e scorre nel cuore del parco fino ad uscire dai suoi confini ad Alfedena occupando la valle principale in cui si sviluppa la riserva. Riceve la maggiore quantità di acque dai torrenti Scerto e Fondillo, la vera e propria linfa vitale del fiume. A Barrea una diga genera con le sue acque il lago di Barrea.
Il settore laziale del parco ricade nello spartiacque del Liri ed entro i margini della riserva ricadono i fiumi Melfa a Settefrati e Mollarino che sorge presso San Biagio Saracinisco. Il Giovenco, la cui valle oggi è quasi completamente inserita nel parco, è uno degli immissari del bacino del Fucino. Nel Molise le acque cadono entro lo spartiacque del Volturno che sorge nel comune di Rocchetta a Volturno, nel cui percorso si immettono il Rio Jemmare di Pizzone e il Rio San Pietro di Scapoli.
Nel comprensorio del Parco esistono alcuni interessanti laghi naturali come il lago Vivo, stagionale, il lago Pantaniello, riserva statale fra le cime del Monte Godi importante per l'elevata altezza e per le presenze ittiche, e il lago di Scanno, sorto a seguito di una frana nella valle del fiume Sagittario, presso Villalago e ai piedi dell'abitato di Frattura in comune di Scanno. Il suo immissario principale è il Torrente Tasso, alimentato da un sistema di sorgenti minori attorno a Scanno oggi quasi tutte captate per il fabbisogno civico di risorse idriche di alta qualità.
Alcuni laghi artificiali sono stati realizzati nel dopoguerra nella Zona di Protezione Esterna: il lago di Cardito nel comune di Vallerotonda, il lago di Grotta Campanaro a Picinisco e il lago della Montagna Spaccata nel territorio di Alfedena, recentemente attrezzati per la ricezione del turismo ecocompatibile.
Fauna
Il lupo appenninico, frequente presenza nei boschi del parco.
Tracce di Capriolo nella neve.
La lince
Grandi mammiferi
I grandi mammiferi sono stati la causa principale dell'istituzione della riserva. Un tempo tutti gli animali protetti nel territorio del parco erano diffusi lungo l'intero Appennino centromeridionale, costituendo popolazioni geneticamente autonome rispetto alle specie europee, spesso dei veri e propri endemismi, zoologicamente importantissimi ancora non del tutto studiati nella loro identità genetica.
Orso bruno marsicano (Ursus arctos L. subsp. marsicanus Altobello), 70-100 esemplari circa. È il simbolo del parco che da sempre ha sconfinato in tutte le montagne dell'Abruzzo meridionale, del Lazio e del Molise, contando avvistamenti anche alle basse quote, tanto da far ipotizzare un aumento della sua popolazione. Più volte negli anni ha rischiato l'estinzione (ridotto a soli 30 esemplari nel 1950). La sua presenza più frequente è nelle valli boschive dei Monti della Meta e nella riserva integrale del Feudo Intramonti, nel comune di Villetta Barrea. Con introduzioni di alberi da frutto selvatici e la regolamentazione degli accessi turistici, si è costruito un ambiente più idoneo per il plantigradro.
Lupo appenninico (Canis lupus L. subsp italicus), 40-50 esemplari circa. È il predatore più importante del parco e di tutto l'Appennino, nel 1970 contava solamente una decina di esemplari, ma grazie all'estensione del territorio della riserva integrale, l'aumento delle popolazioni di Camoscio d'Abruzzo e l'introduzione di cervi e caprioli la specie ha registrato una costante crescita, fino alla accertata diffusione nel vicino Appennino laziale e toscano. Altri individui stanno colonizzando le Alpi, oltrepassando i confini storici dell'areale della specie.
Lince[7] (Lynx lynx L.), 10 esemplari circa. Fino a pochi anni fa non tutti gli studiosi concordavano sulla presenza della lince nel territorio del parco, e molti ancora ritengono le popolazioni appenniniche frutto di reintroduzioni recenti. Due esemplari sono conservati e studiati in un'apposita area faunistica a Civitella Alfedena. Tracce del felino anche in tutta la penisola.
Camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica Bonaparte subsp. ornata), 600-700 esemplari circa. Altro importante elemento, che insieme all'orso marsicano è endemico del parco, si è preservato dall'estinzione nei pendii della Camosciara (nome che ne testimonia la presenza relitta). Geneticamente vicino al Camoscio dei Pirenei, presenza vistose differenze col Camoscio alpino per il collare di pelo più scuro attorno al collo, collo che invece è completamente rivestito di una fine peluria chiara, in inverno bianca. Oggi ha recuperato territorio ed è diffuso sulle alture del Monte Amaro di Opi e del Monte Meta di Picinisco, nonché saltuariamente su tutte le pendici più ripide della riserva non più soggette a intenso pascolo. Dal parco d'Abruzzo sono partiti gli esemplari reintrodotti alle pendici della Majella e nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Cervo (Cervus elaphus L. subsp. hippelaphus), 500-600 esemplari circa. Il cervo si era estinto nel parco già al momento della sua prima istituzione, nel 1921, e la sua assenza incise notevolmente sulla catena alimentare creando serie difficoltà per i predatori principali. Nel 1971 furono introdotti dalle Alpi orientali i primi esemplari che si stanziarono nei boschi alle pendici del Monte Marsicano. Oggi in forte espansione.
Capriolo (Capreolus capreolus L.), 500-600 esemplari circa. Come il cervo anche il capriolo è stato reintrodotto. Dai circa 60 esemplari oggi la popolazione è notevolmente aumentata, tanto da essere la specie più facile da avvistare.
Mammiferi minori
Una Lontra nei corsi d'acqua pirenaici.
Sfuggevole l'incontro con il gatto selvatico, la martora, la faina, il tasso e la puzzola, specie diffuse su tutto il territorio nazionale. Incerta la presenza della Lontra, nelle acque chiare e non inquinate del Sangro all'affluenza dei torrenti pescosi che scendono dalle valli vicine (il corso normale del fiume dopo Pescasseroli presenta un pessimo stato di eutrofizzazione).
Molto più comuni sono la volpe, la lepre, la talpa, il riccio e la donnola; abbastanza frequenti il ghiro e lo scoiattolo meridionale. Anche qui i cinghiali sono un problema sentito, e non solo dalla popolazione per i danni alle colture, ma anche per il dissesto che apportano al manto erboso delle radure minacciando spesso le presenze floristiche rare.
Uccelli
Aquila chrysaetos L.
Tra gli uccelli (circa 230 specie diverse) si ricorda l'importante presenza del Picchio di Lilford nei boschi di Monte Tranquillo a Pescasseroli e sui Monti della Meta; si è ipotizzata la reintroduzione del Picchio nero. Segnalata la presenza senza nidificazione della Cicogna bianca, e avvistamenti rari di Gypaetus barbatus. I rapaci sono ancora ben diffusi come in tutto il territorio appenninico: il falco pellegrino, l'astore, la poiana, il gufo reale e l'allocco. Nei pressi dei corsi d'acqua incontaminati non poteva mancare il Merlo acquaiolo, oltre alle più comuni ballerine gialle.
L'aquila reale ha trovato nell'area protetta molti luoghi ideali per la nidificazione, e con le restanti aree protette confinanti, può sfruttare il Parco Nazionale d'Abruzzo come corridoio naturalistico per la riconquista delle zone prossime in cui si era estinta. Se ne contano oggi 3 coppie stabilmente nidificanti nel parco o nella Zona di Protezione Esterna.
Rettili
Tra i rettili ma solo sui luoghi più aspri ed in quota troviamo la rarissima Vipera dell'Orsini oltre la Vipera comune, abbastanza frequente il biacco, come l'orbettino e la Biscia dal collare (Natrix natrix subsp. lanzai).
Fauna minore e ittiofauna
La presenza di alcune valli ricche di acque sorgive, impaludamenti e torbiere ha favorito la conservazione di piccoli anfibi rari e schivi: Salamandrina dagli occhiali, altro importante endemita appenninico, Tritone italiano, Salamandra pezzata. Si contano fino a 2000 diversi coleotteri fra le circa 3800 specie diverse di insetti, molti di questi rari e localizzati, fra cui Parnassus apollo, Carabus cavernosus violatus e il Capricorno del Faggio (Rosalia alpina). Molto praticata l'apicoltura. Si segnalano 13 specie diverse di Chirotteri.
Nei corsi d'acqua più freddi troviamo le specie di trota autoctone Salmo trutta fario e Salmo trutta lacustris. Introdotta nei bacini artificiali la trota iridea (Oncorhynchus mykiss). Segnalata la presenza del gambero di fiume Austropotamobius pallipes italicus e il gambero lacustre Gammarus lacustris.
Flora
Il Riccio di Dama, liliacea frequente nel parco
Cypripedium calceolus L.
Aster alpinus L.
Il Pino mugo.
Fiori di Gentiana nivalis.
La sua posizione grossomodo centrale nella penisola italiana e i diversi ampliamenti effettuati nel corso degli anni in territori paesaggisticamente vari hanno fatto del parco un prezioso serbatoio di specie floristiche rare ed endemiche, luogo di protezione degli ambienti più tipici e meglio conservati di tutto l'Appennino.
[modifica]Vegetazione sinantropica e riparia
La lontananza del mare fa sì che le associazioni vegetali siano prevalentemente quelle tipiche dell'area continentale, seppur si ricordano nella Zona di Protezione Esterna leccete relitte sulle colline che si affacciano sull'antico lago Fucino, a Casali d'Aschi nel territorio di Gioia dei Marsi. Altri elementi mediterranei extrazonali lambiscono il territorio del parco per brevi tratti in Val di Comino e a Rocchetta a Volturno.
Dai 600 agli 800-1000 m s.l.m. Il piano occupato dalle antiche colture, oggi riutilizzate a maggese o a pascolo, era quello del bosco di roverella, diffuso nei fondovalle del parco ricandente negli spartiacque del Giovenco e del Liri e nella pianura un tempo coltivata, a substrato argilloso, ricoperta oggi dall'invaso del Lago di Barrea. I boschi di querce sono ancora abbondanti nel versante delle Mainarde con le interessanti cerrete attorno al bacino artificiale del lago di Cardito dove si segnala la presenza molto meridionale e rarissima per il Lazio di Lomelosia crenata (Cyr.) Greuter & Burdet subsp. crenata, rara in Abruzzo e Molise. Ornielli, aceri, meli selvatici e ciliegio abbondano nella zona di transizione col piano montano, fortemente degradata a causa dell'esposizione intensa al pascolo.
Le zone umide in cui la vegetazione è più abbondante e caratteristica sono le rive del fiume Sangro a valle di Pescasseroli. Il corso d'acqua attraversa la piana di Opi dove la maggior parte delle piante spontanee sono relegate nelle golene a Salix appennina Skvortsov, Salix purpurea L. e Populus alba L. Più a valle dove il Sangro raccoglie le acque dello Scerto e del Rio Fondillo la vegetazione ha riconquistato antichi coltivi. Le specie arbustive dominanti sono il Corylus avellana L. e la frequente, ma localizzata, Tilia platyphyllos Scop. Frequente nel substrato acido del sottobosco Dactylorhiza fuchsii (Druce) Soò. Le rive artificiali del lago di Barrea, soggette ai frequenti mutamenti del livello delle acque, non permettono una diversificazione floristica degna di nota. Importanti i pantani delle sorgenti in quota, che ospitano la rara Dactylorhiza incarnata (L.) Soò e il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata L.).
[modifica]Piano montano e submontano
Dagli 800-1000 ai 1800 m s.l.m. L'area montana è nella maggior parte del territorio ormai completamente ricoperta da una densa superficie boschiva per lo più caratterizzata dal faggio, soggetta ad usi civici; le sole secolari faggete tra Pescasseroli e Villavallelonga scampano al periodico taglio del bosco e possono così ospitare una varietà vegetale ed animale altrimenti assente nel così detto bosco coetaneo. Alle stesse altitudini però vi sono i boschi della Camosciara e di Cacciagrande in Val Fondillo, nei comuni di Villetta Barrea e Opi, la cui varietà floristica è la più importante e studiata del parco. Accanto ai faggi, aceri di monte, aceri di Lobelius, sorbi montani, e maggiociondoli, specie molto diffuse anche nel resto dell'area protetta, vive il più celebre endemismo della zona, il Pino nero di Villetta Barrea. La stazione è un relitto dell'epoca glaciale; la specie è anche diffusa sporadicamente oggi attorno al Monte Greco, al Monte Godi e sulle Mainarde, a testimonianza delle antiche pinete oggi soppiantate dagli ampi pascoli e praterie. Questo lembo di territorio è preziosissimo anche per altre presenze tipicamente alpine quali la Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus L.) e la Corallorhyza trifida Cathel., nonché per le numerose specie delle rupi calcaree aride o stillicidiose come le carnivore Pinguicola e Drosera o l'endemica Aquilegia magellensis Huter, Porta & Rigo. Polygala chamaebuxus L. a San Biagio Saracinisco raggiunge il limite meridionale del suo areale italiano.
Poco diffusa la presenza di Taxus baccata L. che si concentra nelle zone più alte e selvagge della faggeta sui Monti della Meta e sui monti tra Pescasseroli e Villavallelonga.
Altro importante relitto sono i popolamenti di Betula pendula Roth, presente in due sole stazioni in quota sui Monti della Meta. Nel parco è stato studiato e scoperto il Giaggiolo marsicano (Iris marsica Ricci & Colasante), il più bello e vistoso endemismo dell'Appennino centrale.
Vegetazione in quota e pascoli
Oltre i 1800 m s.l.m. Il piano alpino e subalpino è altrettanto interessante. Ospita il pino mugo, raro altrove nell'Italia centromeridionale. A causa dell'isolamento geografico numerose specie alpine relitte in Abruzzo si sono evolute in una serie di interessantissimi endemismi, altre sono ai limiti del loro areale intero o relativo (italiano).
Androsace maxima L.: primulacea annuale tipica delle valli alpine orientali; nella penisola è segnalata solo nel Parco Nazionale d'Abruzzo e nel Parco regionale naturale del Sirente - Velino.
Gentiana nivalis L.: piccola genziana a corolla blu, rara in tutto il territorio nazionale, nel Parco d'Abruzzo al limite meridionale del suo areale italiano.
Campanula tanfanii Poldech: presente nella Zona di Protezione Esterna, relitto glaciale diversificato a seguito dell'isolamento geografico post-glaciale, diffuso dal Furlo al parco d'Abruzzo, è la specie più prossima dell'endemita alpino Campanula carnica Schiede ex M. & K.
Campanula appennina Poldech: altro endemismo peninsulare al limite meridionale del suo areale.
Viola hymettia Boiss & Heldr. e Viola eugeniae Parl. La prima al limite settentrionale del suo areale italiano, è una forma della più frequente Viola arvensis Murray. La seconda è frequentissima nell'Appennino centrale dove sostituisce l'analoga Viola calcarata L., specie alpina geneticamente vicina.
Festuca bosniaca Kumm. & Sendtn. Anfiadriatica sui pendii sassosi della riserva, al limite settentronale del suo areale italiano. Poco appariscente, è importante perché associata alla distribuzione di Pinus leucodermis Antoine, oggi relitto nella sola Calabria.
Leontopodium alpinum Cass subsp. nivale (Ten.) Tutin e Aster alpinus L. Vistosi elementi floristici delle alte quote, raggiungono nel parco la punta meridionale del loro areale italiano.
Nigritella widderi Teppner & Klein è un'altra delle orchidee selvatiche localizzata ed endemica dell'Appennino centrale, segnalata nel piano cacuminale del comune di Opi.
Molto rari e per lo più frutto di rimboschimenti sono i boschi nel versante peligno del parco, quello ricadente nel comune di Scanno in cui dall'area abitata alle cime montuose continua ininterrottamente la superficie destinata al pascolo e all'allevamento del bestiame. Nonostante le condizioni ambientali sfavorevoli, anche questa zona conserva preziose nicchie di biodiversità: è in queste valli infatti che troviamo l'unica stazione del parco di Paeonia officinalis L. e un'ampia concentrazione di piante aromatiche ed officinali: Hyssopus officinalis L., Gentiana lutea L., Tanacetum parthenium L., Chenopodium bonus-ericus L.
Geografia antropica e archeologia
Cane da pastore abruzzese, l'animale tipico della guardia alle greggi della transumanza.
Le popolazioni dell'Alto Sangro hanno da sempre dovuto adattare i loro usi ad un paesaggio ostico: isolamento e secoli di carenza di infrastrutture e vie di comunicazione. Alcuni villaggi del parco sperimentarono la prima vera e propria forma di urbanizzazione solo a seguito del Terremoto di Avezzano; considerati i danni subiti dai nuclei urbani storici, furono ricostruite abitazioni provvisorie su cui poi si svilupparono gli edifici moderni e i servizi. Prima del 1915 l'economia strettamente pastorale della zona aveva modellato non solo le montagne e il paesaggio rurale, ma anche l'assetto e le forme dei centri urbani: essi non si sviluppavano attorno ai castelli medievali, su speroni rocciosi difensivi o su ruderi romani come nei circondari vicini; la marginalità del posto teneva lontano invasori e conquistatori. Così i villaggi crebbero senza forma, oggi li vediamo svilupparsi attorno ai palazzi signorili rococò dei grandi proprietari terrieri e di bestiame, e sembrano riproporre l'immagine delle greggi e l'ordine pastorale dei "tesorieri del bestiame", delle terre della grande transumanza verso le Puglie.
I primi insediamenti e l'età romana
Indagini archeologiche hanno portato alla luce le prime tracce di insediamenti stabili umani risalenti all'età del Ferro (X - VII sec. a.C.) testimoniati dai resti di rudimentali fortificazioni in opera poligonale attorno al Lago di Barrea. Si cominciava a praticare stabilmente la pastorizia e la società si organizzava in gruppi parentali (clan): a testimonianza di ciò le diverse necropoli della Val Fondillo, di Barrea e Alfedena.
Con la diversificazione delle varie tribù safine che si stanziarono nell'Italia centrale, le montagne del Parco si trovarono a determinare il limite tra i territori dei Marsi, Volsci e dei Sanniti. I confini che si costituirono in quest'epoca (V sec. a.C.) saranno poi ricalcati dall'amministrazione romana che spartirà il territorio tra i municipi di:
Aufidena (l'attuale Castel di Sangro), che amministrava l'Alto Sangro fino a Opi.
Atina, da cui dipendeva l'attuale territorio di Pescasseroli e Opi, già possedimento di Cominium.
Angizia (forse Gioia dei Marsi)
e il pagus Bletifulus (Scanno) nel municipio di Corfinium in territorio peligno.
Resti della presenza Italica e Romana sono sparsi lungo la valle del Sangro; santuari, ville, lapidi.
Cristianesimo e Medioevo
Antica parrocchiale a Pescasseroli
Con la caduta dell'impero romano e l'inizio del medioevo l'Alto Sangro perde le poche strutture sociali e amministrative presenti nel suo territorio, e per ritrovare una organizzazione amministrativa ben testimoniata si dovrà aspettare la nascita delle grandi abbazie di Montecassino e San Vincenzo al Volturno. I due cenobi si contesero per secoli le proprietà dei pascoli incrementando uno sporadico incastellamento (fortificazione di Pescasseroli e Rocca Intramonti, di cui oggi restano i ruderi presso Civitella Alfedena). A Montecassino spettava la proprietà del monastero di Sant'Angelo in Barreggio, presso Villetta Barrea. Nel 1349 un sisma distrugge San Vincenzo lasciando spazio all'espansione politica di Montecassino finché nel 1669 tutti i territori del monastero volturnense vengono assegnati ai monaci cassinati.
L'era moderna e l'unità d'Italia
Possiamo far cominciare l'era moderna nella Marsica dal consolidamento amministrativo ed economico della pratica della transumanza. Se infatti già dal medioevo tale fenomeno è attestato in tutta Italia, in Abruzzo è favorito dall'unità politica del Regno di Napoli: un sistema economico che sarà la molla per la lenta rottura dei vincoli feudali fino all'unità d'Italia. Gli Aragonesi apporteranno i primi contributi per la lotta al banditismo e per la sicurezza dei percorsi pastorali. Una lenta modernizzazione passerà prima attraverso lo sviluppo dell'industria della lana nel circondario di Sora, e poi dopo l'unità di'Italia nelle cartiere lungo il Melfa a Picinisco e lungo il Volturno a Pizzone, oggi preziose testimonianze d'archeologia industriale. Fu tentata anche l'attività estrattiva della bauxite ma con scarsi risultati.
I comuni
Panorama di Scapoli e delle basse Mainarde.
Il Parco interessa 25 comuni distribuiti in tre province
Provincia dell'Aquila :
Alfedena, Barrea, Bisegna, Civitella Alfedena, Gioia dei Marsi, Lecce nei Marsi, Opi, Ortona dei Marsi, Pescasseroli, Scanno, Villavallelonga, Villetta Barrea.
Provincia di Frosinone :
Alvito, Campoli Appennino, Pescosolido, Picinisco, San Biagio Saracinisco, San Donato Val di Comino, Settefrati, Vallerotonda.
Provincia di Isernia :
Castel San Vincenzo, Filignano, Pizzone, Rocchetta a Volturno, Scapoli
Gastronomia e artigianato
Per la lontananza dalle principali direttrici del commercio e l'indisponibilià di olii vegetali e vite (zona a clima montano), i prodotti tradizionali sono quelli tipici dell'Appennino centrosettentrionale. Salumi e insaccati, primi piatti poveri a base di legumi e paste molli (da ortaggi coltivabili anche in quota come il fagiolo di Scanno o la cicerchia). Dolciumi e Liquoreria sono rivalutati da piccole aziende locali.
Produzione di merletti al tombolo[8] e tradizione orafa presso Scanno. Lavorazione manuale della pietra e del legno sporadicamente in tutto il territorio. A Scapoli si producono ancora zampogne artigianali[9].
La zonazione, accessi e progetti d'ampliamento
Per una migliore amministrazione il territorio del parco è stato suddiviso nella sua gestione nel 1987 in quattro differenti settori di protezione[10].
ZONA A - Riserva integrale: ricadono in questo provvedimento protezionistico le cime più impervie popolate dai Camosci, il fondovalle dello Scerto e del torrente Fondillo, ma anche porzioni di faggete nei comuni di Villetta Barrea e Pescasseroli. L'accesso è interdetto o severamente regolamentato.
ZONA B - Riserva generale: i territori in cui la presenza umana è sempre stata storicamente costante sono allo stesso modo protetti dai vincoli della riserva generale, che regolamentano l'accesso motorizzato, il prelievo di legname e di prodotti del sottobosco. L'escursionismo è libero.
ZONA C - Protezione: l'area, prevalentemente estesa nel fondovalle del Sangro, è quel territorio intorno ai centri abitati tradizionalmente dedicato alle attività agricole e all'uso privato delle risorse naturali.
ZONA D - Sviluppo: i centri urbani inglobati nel perimetro del parco dopo i vari ampliamenti gestiscono in quest'area i piani regolatori dello sviluppo edilizio in collaborazione con il Parco che qui promuove le attività ricettive e di orientamento del flusso turistico.
La più comoda località d'accesso è il paese di Pescasseroli (AQ), insieme ai centri minori dell' Alto Sangro, cuore dell'area protetta. Il parco divide il suo territorio in diversi settori turistici per le relazioni con i visitatori e le promozioni editoriali: il settore Val Comino in provincia di Frosinone, il settore Mainarde in provincia di Isernia e il settore Marsica Fucense che comprende i comuni del parco ricandenti nello spartiaque dell'alveo del Fucino.
Nella maggior parte dei comuni sono allestiti centri di visita tematici o uffici di zona in cui è possibile disporre di materiale divulgativo sul Parco e organizzare i percorsi turistici ed escursionistici:
Il Lago di Barrea, la campagna circostante e, in fondo, i boschi della riserva integrale.
Centro Parco, Orto Botanico e Parco Faunistico a Pescasseroli.
Museo e Area Faunistica del Lupo Appenninico, Area Faunistica della Lince a Civitella Alfedena.
Museo e Area Faunistica del Camoscio d'Abruzzo a Opi
Centro Parchi Internazionale a Villetta Barrea
Settore Marsica Fucense: Museo dell'Insetto a Bisegna, Museo e Area Faunistica del Cervo a Villavallelonga
Settore Val Comino: Ufficio di Zona ad Alvito e Vallerotonda, Museo degli animali notturni a Picinisco.
Settore Mainarde: Ufficio di Zona a Pizzone, Museo della Zampogna a Scapoli.
Recentemente sono stati avanzati nuovi progetti d'ampliamento che interessano parte del comune di Alfedena nella zona di Capitelli e Lago Montagna Spaccata a Sud-est, nel così detto "cuneo della morte", luogo di dispersione faunistica e di bracconaggio selvaggio. A Ovest invece per il parere contrario delle amministrazioni locali, è sfumata la possibilità di un ampliamento ai monti della Serra Lunga a Villavallelonga fino ai comuni di Balsorano (AQ) e Pescosolido (FR).
Attività possibili
I campeggi attrezzati più frequentati sono Alfedena - Lago Montagna Spaccata, Barrea - Colle Ciglio (sulle rive del lago), Pescasseroli - Campeggio dell'Orso, Pizzone - Le Forme/Vallefiorita, Settefrati - Madonna di Canneto, Villetta Barrea - Le Quite[11]
Escursioni organizzate con il parco
Escursioni a cavallo
Trekking
Cicloturismo
Canoa
Birdwatching
Sci di fondo e sci alpinismo
Turismo balneare (Lago di Scanno)
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