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Legge organica sulla cittadinanza

LEGGE 5 febbraio 1992 n. 91.

( pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1992 n. 38 )

NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

Il Presidente della Repubblica

promulga la seguente legge:

Art. 1.
E' cittadino per nascita:

il figlio di padre o di madre cittadini;


chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.

E' considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.

Art. 2.
Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio ne determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.

Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai figli per i quali la paternità o maternità non può essere dichiarata, purché sia stato riconosciuto giudizialmente il loro diritto al mantenimento o agli alimenti.

Art. 3.
Il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza.

La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti degli adottati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Qualora l'adozione sia revocata per fatto dell'adottato, questi perde la cittadinanza italiana, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti.

Negli altri casi di revoca l'adottato conserva la cittadinanza italiana. Tuttavia, qualora la revoca intervenga durante la maggiore età dell'adottato, lo stesso, se in possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti, potrà comunque rinunciare alla cittadinanza italiana entro un anno dalla revoca stessa.

Art. 4.
Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, diviene cittadino:

se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana;

se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana;

se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana.

Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

Art. 5.
Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.

Art. 6. ( nota )
Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5:

la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;

la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;

la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).

La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.

L'acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo.

Art. 7.
( comma abrogato dal d.p.r. n. 362/94 )

Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13.

Art. 8.
Con decreto motivato, il Ministro dell'interno respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove sussistano le cause ostative previste nell'articolo 6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica, il decreto è emanato su conforme parere del Consiglio di Stato. L'istanza respinta può essere riproposta dopo cinque anni dall'emanazione del provvedimento.

L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni.

Art. 9.
La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:

allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);

allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;

allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;

al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;

all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;

allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri , su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

Art. 10.
Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

Art. 11.
Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero.

Art. 12.
Il cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l'Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il servizio militare.

Il cittadino italiano che, durante lo stato di guerra con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al momento della cessazione dello stato di guerra.

Art. 13.
Chi ha perduto la cittadinanza la riacquista:

se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara previamente di volerla riacquistare;

se, assumendo o avendo assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero, dichiara di volerla riacquistare;

se dichiara di volerla riacquistare ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la residenza nel territorio della Repubblica;

dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia entro lo stesso termine;

se, avendola perduta per non aver ottemperato all'intimazione di abbandonare l'impiego o la carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare, sempre che abbia stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica e provi di aver abbandonato l'impiego o la carica o il servizio militare, assunti o prestati nonostante l'intimazione di cui all'articolo 12, comma 1.

Non è ammesso il riacquisto della cittadinanza a favore di chi l'abbia perduta in applicazione dell'articolo 3, comma 3, nonché dell'articolo 12, comma 2.

Nei casi indicati al comma 1, lettera c), d) ed e), il riacquisto della cittadinanza non ha effetto se viene inibito con decreto del Ministro dell'interno, per gravi e comprovati motivi e su conforme parere del Consiglio di Stato. Tale inibizione può intervenire entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni stabilite.

Art. 14.
I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.

Art. 15.
L'acquisto o il riacquisto della cittadinanza ha effetto, salvo quanto stabilito dall'articolo 13, comma 3, dal giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e le formalità richieste.

Art. 16.
L'apolide che risiede legalmente nel territorio della Repubblica è soggetto alla legge italiana per quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del servizio militare.

Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge o dalle convenzioni internazionali è equiparato all'apolide ai fini dell'applicazione della presente legge, con esclusione degli obblighi inerenti al servizio militare.

Art. 17. ( note )
Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, o per non aver reso l'opzione prevista dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Resta fermo quanto disposto dall'articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 17-bis
Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto:
ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già residenti nei territori facenti parte dello Stato italiano successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73, alle condizioni previste e in possesso dei requisiti per il diritto di opzione di cui all'articolo 19 del Trattato di pace di Parigi e all'articolo 3 del Trattato di Osimo;

alle persone di lingua e cultura italiane che siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti di cui alla lettera a).

Art. 17-ter
Il diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana di cui all'articolo 17-bis è esercitato dagli interessati mediante la presentazione di una istanza all'autorità comunale italiana competente per territorio in relazione alla residenza dell'istante, ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, all'autorità consolare, previa produzione da parte dell'istante di idonea documentazione, ai sensi di quanto disposto con circolare del Ministero dell'interno, emanata di intesa con il Ministero degli affari esteri.

Al fine di attestare la sussistenza dei requisiti di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 17-bis, all'istanza deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso, all'epoca, della cittadinanza italiana e della residenza nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza dei Trattati di cui al medesimo comma 1 dell'articolo 17-bis.

Al fine di attestare la sussistenza dei requisiti di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17-bis, all'istanza deve essere comunque allegata la seguente documen-tazione:
i certificati di nascita attestanti il rapporto di discendenza diretta tra l'istante e il genitore o l'ascendente;

la certificazione storica, prevista per l'esercizio del diritto di opzione di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 17-bis, attestante la cittadinanza italiana del genitore dell'istante o del suo ascendente in linea retta e la residenza degli stessi nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza dei Trattati di cui al medesimo comma 1 dell'articolo 17-bis;

la documentazione atta a dimostrare il requisito della lingua e della cultura italiane dell'istante.

Art. 18.
Le persone già residenti nei territori che sono appartenuti alla monarchia austro-ungarica ed emigrate all'estero prima del 16 luglio 1920 ed i loro discendenti in linea retta sono equiparati, ai fini e per gli effetti dell'articolo 9, comma 1, lettera a), agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica.

Art. 19. ( nota )
Restano salve le disposizioni della legge 9 gennaio 1956, n. 27, sulla trascrizione nei registri dello stato civile dei provvedimenti di riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza italiana, effettuate ai sensi dell'articolo 19 del Trattato di pace tra le potenze alleate ed associate e l'Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

Art. 20.
Salvo che sia espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.

Art. 21. ( nota )
Ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 9, la cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero che sia stato affiliato da un cittadino italiano prima della data di entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184, e che risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno sette anni dopo l'affiliazione.

Art. 22. ( nota )
Per coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n. 555, cessa ogni obbligo militare.

Art. 23.
Le dichiarazioni per l'acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza e la prestazione del giuramento previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.

Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine dell'atto di nascita.

Art. 24. ( abrogato dal d.P.R. 3 novembre 2000, n. 296 )

Art. 25.
Le disposizioni necessarie per l'esecuzione della presente legge sono emanate, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.

Art. 26. ( note )
Sono abrogati la legge 13 giugno 1912, n. 555, la legge 31 gennaio 1926, n. 108, il regio decreto-legge 1› dicembre 1934, n. 1997, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n. 517, l'articolo 143- ter del codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123, l'articolo 39 della legge 4 maggio 1983, n. 184, la legge 15 maggio 1986, n. 180, e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

E' soppresso l'obbligo dell'opzione di cui all'articolo 5, comma secondo, della legge 21 aprile 1983, n. 123, e all'articolo 1, comma 1, della legge 15 maggio 1986, n. 180.

Restano salve le diverse disposizioni previste da accordi internazionali.

Art. 27.
La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.


NOTE

Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Nota all'art. 6
I delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale, sono quelli contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici del cittadino.

Note all'art. 17
Il testo degli articoli 8 e 12 della legge n. 555/1912 (Sulla cittadinanza italiana) è il seguente:

"Art. 8. - Perde la cittadinanza:
chi spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito all'estero la propria residenza;

chi, avendo acquistata senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana, e stabilisca o abbia stabilito all'estero la propria residenza. Può il Governo nei casi indicati ai numeri 1 e 2, dispensare dalla condizione del trasferimento della residenza all'estero;

chi, avendo accettato impiego da un governo estero od essendo entrato al servizio militare di potenza estera, vi persista nonostante l'intimazione del governo italiano di abbandonare entro un termine fissato l'impiego o il servizio. La perdita della cittadinanza nei casi preveduti da questo articolo non esime dagli obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni concesse dalle leggi speciali (*)".
(*) La Corte costituzionale, con sentenza 11-19 ottobre 1988, n. 974 (Gazz. Uff. 26 ottobre 1988, n. 43 - 1a serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 8, ultimo comma, della legge di cui sopra, nonché dell'art. 1, lettera b), del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dall'obbligo del servizio militare coloro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di un altro Stato nel quale abbiano già prestato servizio militare.

"Art. 12. - I figli minori non emancipati da chi acquista o ricupera la cittadinanza divengono cittadini salvo che risiedendo all'estero conservino, secondo la legge dello Stato a cui appartengono, la cittadinanza straniera. Il figlio però dello straniero per nascita, divenuto cittadino, può entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età o dalla conseguita emancipazione, dichiarare di eleggere la cittadinanza di origine.

I figli minori non emancipati di chi perde la cittadinanza divengono stranieri quando abbiano comune la residenza col genitore esercente la patria potestà o la tutela legale, e acquistino la cittadinanza di uno Stato straniero. Saranno però loro applicabili le disposizioni degli articoli 3 e 9.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso che la madre esercente la patria potestà o la tutela legale sui figli abbia una cittadinanza diversa da quella del padre premorto. Non si applicano invece al caso in cui la madre esercente la patria potestà muti cittadinanza in conseguenza del passaggio a nuove nozze, rimanendo allora inalterata la cittadinanza di tutti i figli di primo letto".
Il testo dell'art. 5 della legge n. 123/1983 (Disposizioni in materia di cittadinanza), abrogata dall'art. 26 della legge qui pubblicata, è il seguente: "Art. 5. - E' cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina. Nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età".
Il testo dell'art. 219 della legge n. 151/1975 (Riforma del diritto di famiglia) è il seguente: "Art. 219. - La donna che, per effetto di matrimonio con straniero o di mutamento di cittadinanza da parte del marito, ha perduto la cittadinanza italiana prima dell'entrata in vigore della presente legge, la riacquista con dichiarazione resa all'autorità competente a norma dell'art. 36 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

E' abrogata ogni norma della legge 13 giugno 1912, n. 555, che sia incompatibile con le disposizioni della presente legge".

Nota all'art. 19
L'art. 19 del Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, è così formulato:

"Art. 19.
I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall'Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante.

Il governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dalla entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al par. 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l'italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall'entrata in vigore del presente Trattato.

Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà aver acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L'opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L'opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni.

Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell'opzione si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l'opzione venne esercitata.

Lo Stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio stesso, senza distinzione di razza, lingua o religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica, e di pubblica riunione".

Nota all'art. 21
La legge n. 184/1983 reca: "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori". La citata legge è entrata in vigore il 1° giugno 1983.

Nota all'art. 22
Per il testo dell'art. 8 della legge n. 555/1912 si veda in nota all'art. 17.
Note all'art. 26
La legge n. 555/1912 recava norme sulla cittadinanza.

La legge n. 108/1z926 recava: "Modificazioni ed aggiunte alla legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza".

Il R.D.L. n. 1997/1934 recava: "Modificazioni alla legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza".

L'art. 143- ter del codice civile, aggiunto dall'art. 25 della legge 19 maggio 1975, n. 151, era così formulato: "Art. 143- ter (Cittadinanza della moglie). - La moglie conserva la cittadinanza italiana, salvo sua espressa rinunzia, anche se per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte del marito assume una cittadinanza straniera".

La legge n. 123/1983 recava: "Disposizioni in materia di cittadinanza". L'art. 5, comma secondo, della medesima legge così disponeva: "Nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età".

L'art. 39 della legge n. 184/1983 (Disciplina della adozione e dell'affidamento dei minori) così recitava: "Art. 39. - Il minore di nazionalità straniera adottato da coniugi di cittadinanza italiana acquista di diritto tale cittadinanza.

La disposizione del precedente comma si applica anche nei confronti degli adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge".
L'art. 1, comma 1, della legge n. 180/1986 (Modificazioni all'art. 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, recante disposizioni in materia di cittadinanza) così recitava: "Il termine per l'esercizio dell'opzione di cui all'art. 5, secondo comma, della legge 21 aprile 1983, n. 123, è prorogato fino alla data di entrata in vigore della nuova legge organica sulla cittadinanza".


Aggiornamenti


Il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362 (in S.O. n. 91 relativo alla G.U. 13/6/1994 n. 136) ha abrogato (con l'art. 8) l'art. 7, comma 1.

La L. 22 dicembre 1994, n. 736 (in G.U. 4/1/1995 n. 3) ha modificato (con l'art. 1) l'art. 17.

La L. 23 dicembre 1996, n. 662 (in S.O. n. 233 relativo alla G.U. 28/12/1996 n. 303) ha modificato (con l'art. 2) l'art. 17.

Il D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (in S.O. n. 223/L, relativo alla G.U. del 30/12/2000, n. 303) ha disposto (con l'art.110) l'abrogazione dell'art. 24.

La L. 8 marzo 2006, n. 124 (in G.U. 28/3/2006 n. 73) ha introdotto (con l'art. 1) l'art. 17-bis e 17-ter.

Commenti

Gustavo Gentile ha detto…
La legge dice che si è italiano se si nasce da italiani, ma non dice anche che si è italiano se si nasce in Italia (Art. 1).
Giuridicamente si dice che in Italia vige lo Ius Sanguinis, e non lo Ius Soli. Il diritto del sangue e non quello della terra.
Non sono sicuro che tutti gli italiani che vivono in Italia sappiano questo.

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